PER UN’AZIONE DI PURIFICAZIONE
Condivido la relazione che ho tenuto per la Curia di Reggio Emilia martedì 9 novembre ampliata nella parte finale del metodo che stiamo applicando e delle schede che usiamo nell’accompagnare i processi sinodali diocesani.
Desidero partire da un aspetto fisiologico. La nostra postura. Sapete che la postura che assumiamo normalmente o quando camminiamo è data fattori diversi.
La postura è l’adattamento personalizzato di ogni individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale; essa scaturisce da un insieme di fattori e rappresenta la posizione assunta in modo automatico e involontario da ciascun individuo in relazione all’ambiente circostante e al vissuto emozionale. Deriva anche dal modello emotivo familiare: in una famiglia le persone assumono una postura, un modo di camminare simili, proprio perché prodotto di questo modello che si impone sui soggetti. È il nostro modo di reagire al mondo. È frutto di quanto abbiamo subito e di quanto abbiamo ricevuto.
Anche nel rapporto con Dio assumiamo una postura. Nel passato il fedele si disponeva in preghiera stando in piedi. In questo modo la persona orante poneva il suo corpo in risonanza con un Dio che era in alto. La sua colonna distesa lo congiungeva al Dio Altissimo. Finché un padre spirituale alla richiesta di pregare di un suo discepolo gli disse: “Se vuoi pregare siediti!”. Il Dio non era più l’entità distante posta in alto ma era vissuta come realtà che intimamente veniva raccolta all’interno del proprio corpo. Il Dio vicino, intorno al quale il corpo si racchiude in un abbraccio orante. Dietro una postura una diversa visione di Dio, dietro dei gesti un modo diverso di sperimentare la propria fede. Una postura che dispone ad una diversa relazione nel tempo e nello spazio con il Signore.
Mia moglie mi corregge spesso la postura. “Sta su dritto! Alza ste spalle! Sei stanco? Si vede da come stai. Turati su dai.” In particolare negli ultimi anni ho avuto dolori forti alla schiena. Mi bloccavo ogni tanto quando mi alzavo. Restavo immobile per qualche secondo in una posizione non certo piacevole da vedere.Ho fatto ginnastica posturale. E questo ha disteso i muscoli e stavo un po’ meglio. Ma il miglioramento maggiore l’ho avuto attraverso un cammino psicologico che nel frattempo era iniziato. Arrivi a 45 anni e hai dei nodi da sciogliere a cui non avevi messo mano.
La ginnastica posturale era intervenuta sui sintomi. Mentre il cammino psicologico sulle cause di quel dolore, dello stress che lo causava, senso di inadeguatezza, insicurezza, ricerca di sostegno e conferma.
E come dicevo più subiamo e siamo sotto stress o pressione, più facciamo subire e così influenziamo la postura degli altri. Generiamo così un modello relazionale e comunitario che assume una postura affine.
Che c’azzecca questo con la Chiesa, il sinodo?
Io penso che il Papa ci sta chiedendo di assumere una nuova postura di Chiesa. Con tutto quello che questo comporta, quindi generare una visione nuova di Chiesa (comunione, partecipazione e missione).
Oggi si ha il fiato corto nella pastorale, abbiamo spalle inarcate, curve. Ma non per raccoglierci in noi stessi ma piegati dalla fatica, a volte dal risentimento, altre volte è azione regressiva di protezione e chiusura. Altre volte reagiamo con una postura umano spirituale rigida. Altre volte portiamo il corpo in avanti, i nostri muscoli fremono e tremolano e compiono gesti secchi, rudi, assumendo una posizione aggressiva o rivendicativa… quanto ne trovo sui social rispetto ai temi sinodali!
Postura aggressiva o rivendicativa: il potere dei preti deve finire! I laici devono essere considerati… e le donne?
Postura regressiva: Lasciateci stare, non fateci perdere tempo, abbiamo da fare. Oppure dobbiamo tornare all’essenziale, a poco, piccoli gruppi. Riscoprire quella purezza originaria, le prime comunità degli Atti. La ricerca di un’età dell’oro che non è mai esistita.
Potremmo rivolgerci ad un bravo posturologo pastorale. Fare un po’ di ginnastica posturale pastorale. Ma come si diceva si allieverebbe il dolore senza intervenire sulle cause.
C’è bisogno di assumere una nuova postura ecclesiale, umano spirituale.
Ecco perché penso che il Papa ci ha chiesto di avviare un sinodo sulla sinodalità. Ecco perché ci ha chiesto a mio parere di avviare cammini sinodali. Perché la sinodalità è una postura ecclesiale diversa da quella che abbiamo assunto finora. Personalmente credo che a Francesco non gli interessino più di tanto i documenti che emergeranno. Gli interessa che la sinodalità da evento diventi agire ordinario della Chiesa, un modo nuovo di vivere nell’ordinario la comunione, la partecipazione e la missione di tutti i battezzati. Ma per fare questo ci chiede di allenarci sulla sinodalità e non di discuterne! Non si diventa sinodali con un nuovo saggio teologico pastorale, ma praticandola. Il cammino sinodale diviene così cammino di purificazione e di liberazione da una forma ecclesiale storica non più corrispondente alla realtà.
DUE DIMENSIONI DA VALORIZZARE
Siamo piegati, ricurvi, senza respiro e speranza a volte.
La postura sinodale ci porta a stare dritti, alzarci, allargare le spalle, distendersi. Questo perché si riscopre la propria dignità e bellezza battesimale.
Per assumere questa postura infatti è utile riscoprire due dimensioni:
IL DESIDERIO. Riscoprire il gusto, tornare a respirare in modo ampio e disteso. Il desiderio nasce allora dall’alto e non dal basso. Per questa ragione non s’accontenta di quanto è stato acquisito, come l’appagamento di un bisogno, ma è disposto a sovvertire l’ordine costituito, le consuetudini, interrompere la linearità della logica. Può quindi sovvertire i piani, gli obiettivi e le gerarchie fissate, le priorità, inserendo in un altro ordine esistenziale, quello della sfida, del possibile, del sogno. Cerca ciò che dà senso, direzione alla vita, mirando ad una «realtà fondamentale». Per cui non va confuso con l’impulso cieco, in quanto muove verso ciò che è percepito come valore, che dà significato. . Il desiderio apre il bisogno alla trascendenza in quanto, non legato alla sola necessità, gli impedisce di chiudersi nella soddisfazione personale, e indirizza il soggetto a ricercare e scoprire nuove vie di umanizzazione attraverso la libertà di scelta, la creatività. Dal desiderio deriva coraggio, speranza, forza. Senza il desiderio nella vita interiore si rischia di cadere nel volontarismo: si fanno le cose per dovere; si prega per sentirsi a posto, si lavora per dirsi di aver lavorato, ma ci si annoia della vita: si è nella categoria della «persona rigida». Ogni essere desidera il buono e bello in quanto creatura di Dio ma occorre ritornare a sentire con i nostri organi spirituali la realtà.
LA LIBERTA’ che supera i sensi di colpa, nasce da una ritrovata autostima battesimale, dal sentire di essere abbastanza, di valere abbastanza. «L’uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà. I nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono con ardore tale libertà, e a ragione… La dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere… L’uomo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera del bene» (Gaudium et spes, n. 17). L’arte del discernimento ci permette di distinguere, dare nome alle cose e così agire in modo libero. Libertà non è fare infatti ciò che si vuole ma volere ciò che si fa. È uscire da una trappola moralistica nella nostra postura, nel modo di porsi.
Facciamo una prova con le domande che le schede sinodali propongono. Prima sessione: i compagni di viaggio.
Questa è di una scheda di una grande diocesi italiana: Ci sappiamo fare compagni di viaggio di tutti gli uomini, compresi coloro che abitano nel nostro stesso quartiere o luogo di lavoro? Oppure manteniamo le distanze? Ci consideriamo migliori perché cristiani o sappiamo di essere peccatori e bisognosi di salvezza come tutti gli uomini?
Dalle schede CEI: Quando diciamo la nostra parrocchia la nostra comunità chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Con chi siamo disposti a farlo? Ci è stato chiesto di uscire, verso chi abbiamo compiuto passi significativi al riguardo? Quali sono i compagni di viaggio anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Chi sono quelli che sembrano più lontani? Quali gruppi o individui sono lasciati ai margini?
Quale postura vi suggeriscono: di desiderio e di libertà? Oppure regressiva? Oppure aggressiva? Giudicante? Moralistica?
Purtroppo sembra emergere una visione latente di giudizio, un orientamento al proprio stesso giudizio… a me personalmente producono l’effetto di accentuare la postura ricurva, mozzano il respiro, non mi fanno inspirare.
Mi spiace dirlo ma non sono schede e domande adatte ad un discernimento spirituale come quello prospettato dal Documento Preparatorio e dal Vademecum. Sicuramente realizzate da bravi sociologi o esperti ma…
La postura sinodale quale visione di Dio ha? Non tanto sopra. Non tanto dentro. Ma Dio è l’essere tra. È in mezzo non di lato. Il Regno di Dio è l’essere tra. Quell’essere vivente che si realizza nell’agire sinodale dell’ascoltarsi, del narrarsi, dell’intreccio vitale di storie, desideri, grida.
I cammini sinodali sono infatti cammini di evangelizzazione di adulti e giovani attraverso i quali, mediante il dialogo spirituale, generare un sogno missionario di Chiesa locale.
UN CAMMINO SINODALE
Le schede da noi prodotte come Centro Studi si articolano proponendo un cammino con cadenza quindicinale o mensile – è bene non andare oltre il mese di distanza tra un incontro e l’altro altrimenti si rischia di perdere l’unitarietà del cammino e ci si può disperdere.
Non è necessario usare tutte le schede se non si è nelle condizioni di poterle sperimentare tutte. Starà all’Unità Pastorale o alla Comunità discernere su quali utilizzare e con che cadenza. È possibile anche variare l’ordine degli incontri rispetto a quello indicato nelle schede.
- SCHEDA 1. CONDIVISIONE DI VITA
- SCHEDA 2. LETTURA DEI SEGNI DEI TEMPI
- SCHEDA 3. LA PAROLA
- SCHEDA 4. IL MAGISTERO
- SCHEDA 5. LE PRIORITA’
- SCHEDA 6. I CRITERI – ad uso dei sacerdote e dei facilitatori
- SCHEDA 7. LE PRASSI DA SPERIMENTARE
INCONTRO DI PRESENTAZIONE. Si consiglia di preparare un primo incontro breve per presentare alle persone invitate la natura di questo cammino. Un incontro curato, bello, accogliente, dove poter già fare un primo momento nei gruppi ma solo di presentazione reciproca e dove il facilitatore spiegherà loro il suo ruolo e farà la PRIMA CONSEGNA per il discernimento personale.
CONSEGNE PERSONALI PRIMA DEGLI INCONTRI. Tra un incontro e l’altro che è della durata di circa un’ora e mezza, da vivere in piccoli gruppi facilitati (max 8 persone), viene consegnata l’indicazione per il discernimento personale con cui arrivare per l’incontro successivo.
SINTESI. Tra un incontro e l’altro i facilitatori sono chiamati a vedersi con i sacerdoti per operare una sintesi di discernimento.
IL SOGNO MISSIONARIO. Le sintesi sulla VITA, la PAROLA, il MAGISTERO e i SIGNI DEI TEMPI costituiranno il materiale per giungere alla definizione di un orizzonte pastorale per quella Unità o Comunità Pastorale. Indicheranno il Sogno Missionario che alla luce del discernimento fatto unisce le parrocchie di quella realtà e che chiama ad operare delle scelte pastorale coerenti. Deve poter esprimere fonte di ispirazione, un invito alla missione come battezzati per operare in quella parte di terra un cambiamento in termini di amore, giustizia, cura, relazioni. Questo Sogno potrà poi costituire oggetto di meditazione personale e di incontri e ritiri per le comunità.
PRIORITA’. Da questo sogno missionario si opererà un discernimento per individuare quelle priorità su cui siamo chiamati a impegnarci in modo significativo in questo tempo. Un ambito su cui impegnarsi di più per operare da subito dei cambiamenti in termini pastorali. Non si tratta di URGENZE, cioè di emergenze che chiedono una risoluzione rapida, non si tratta di buchi da tappare sacrificando così persone, tempo, desideri. È una tensione verso qualcosa che sentiamo alla luce del Sogno Missionario, più importante, bello, necessario, utile in questo tempo per quel luogo.
PRASSI E SPERIMENTAZIONE. Individuata la Priorità o le Priorità e i Criteri si andranno a ripensare le prassi pastorali collegate. L’attività consiste nell’innestare i criteri in queste prassi e generare delle esperienze nuove non tanto delle nuove attività. Delle esperienze che facciano vivere in modo sensibile quanto dichiarato nel Sogno. Da qui si avvia una sperimentazione dove rinarrarci periodicamente quanto si sta sperimentando. Ricordiamo che la sperimentazione è un’altra forma di discernimento e di ascolto della realtà. Sperimentiamo qualcosa di nuovo per comprenderne la sua efficacia in questo tempo e in quel luogo. Alla luce dell’esperienza che si farà si deciderà poi cosa trattenere, cosa cambiare, cosa smettere di fare.
UN ESEMPIO DI SCHEDA
Prima dell’incontro nel gruppo ogni partecipante è invitato ad un discernimento personale. Nel lavoro di condivisione questo ascolto sarà prezioso per cogliere come lo Spirito sta generando di nuovo in questo tempo e cosa ci chiede nella vita pastorale di considerare meno utile e importante.
SCHEDA PER IL DISCERNIMENTO PERSONALE
GERMOGLI. Quali germogli di novità io percepisco che sono emersi durante la pandemia o in questi ultimi tempi in parrocchia: prassi, attenzioni, atteggiamenti, proposte nuove o cambiamenti significativi che si sono sperimentati come belli, significativi, utili? Cosa sto personalmente sperimentando di bello e più significativo nella comunità?
Indicare massimo 3 cose, quelle che senti più preziose:
1)
2)
3)
FRATTURE. Quali progetti, prassi, attenzioni o proposte parrocchiali durante la pandemia sono state messe profondamente in discussione? Di quali non ho sentito la mancanza? Quali proposte o esperienze sento personalmente richiedono un loro ripensamento profondo o il riconoscimento di una non più attualità?
Indicare massimo 3 cose, quelli che senti più significative:
1)
2)
3)
SCHEDA FACILITAZIONE INCONTRO
SALUTO INZIALE E PREGHIERA
(DIVISIONE NEI GRUPPI)
- Condivisione di un elemento che ci ha toccato nella preghiera
- PRIMO GIRO: CONSEGNA. Condivisione del discernimento personale sui segni dei tempi. Si condividono sia i Germogli che le Fratture insieme (max 3 minuti a testa)
- SECONDO GIRO: RISONANZA. Far risuonare qualcosa ascoltato dagli altri (max 2 minuti a testa)
- TERZO GIRO SINTESI. Dialogo su quanto è emerso e sintesi non tanto dei singoli episodi narrati ma di quello che sentiamo li attraversi un po’ tutti, che torna più volta nelle riflessioni, ciò che è più insistente nelle narrazioni. (10-15 minuti complessivo)
Nella sintesi non è importante distinguere tra Germogli e Fratture, ma è utile metterci in ascolto di quelle tensioni e indicazioni importanti che emergeranno nel confronto. Anch’esse andranno a costituire un materiale prezioso per delineare un orizzonte pastorale della Unità pastorale.
- Il FACILITATORE condivide quanto ha sintetizzato e chiede approvazione della comunità.
GESTO CONCLUSIVO DI GRATITUDINE
CONSEGNA DEL PROSSIMO DISCERNIMENTO PERSONALE
CONCLUSIONE DELLA PREGHIERA
Molto bello, bravi