DALLA COMPRENSIONE ALLA COMPASSIONE
Alla luce delle varie esperienze di cammini sinodali che ci capita di osservare, nasce la seguente riflessione. Le domande che vengono poste per l’ascolto, le scelte e le iniziative in atto, mostrano un modo di essere Chiesa che fatica ancora ad intraprendere un cammino di conversione, obiettivo del cammino stesso.
Dal nostro osservatorio, girando per diocesi e comunità, ci capita di osservare varie forme in cui il camino sinodale si sta realizzando. In termini di impegno e investimento, in quanto alcune realtà si sono limitate a svolgere i compiti richiesti senza un grande coinvolgimento, altre in modo più intenso elaborando materiali e formando facilitatori. Sia in termini di strumenti utilizzati: in alcune diocesi c’è un grande lavorio di convegni ed eventi formativi sulla sinodalità, in altre l’uso di strumenti di gestione di gruppo, focus group, questionari, ecc. ecc..
Forse la cosa che più mi sorprende è notare come poco siano stati considerati i materiali preparatori e soprattutto il Vademecum del sinodo universale. L’uso in particolare della metodologia dei ‘giri di discernimento’, proprio per far sì che l’ascolto sia un ascolto nello Spirito e non un semplice dibattito.
Allo stesso tempo la sorpresa nel vedere come molti ministri ordinati non avevamo mai fatto esperienza di questo metodo. Non lo dico in termini di giudizio, perché è comprensibile visto che in un epoca di cristianità, in cui i cambiamenti erano più lievi, un discernimento profondo fatto al di fuori dei ruoli, ma alla luce del comune battesimo, poteva essere percepito meno necessario. Eppure è uno strumento proprio della Tradizione, per cui uno stile di ascolto e di presa di decisioni prezioso per ogni contesto ecclesiale all’interno del quale – come gli organi di partecipazione e di governo di parrocchie, diocesi o istituti di vita religiosa, ma anche associazioni – si operi una lettura spirituale e teologica della realtà e si facciano scelte significative per il presente e il futuro.
Faccio molta fatica anche a comprendere il senso del proliferare di convegni sulla sinodalità. Il Papa ci ha chiesto non di parlare di sinodo e sinodalità ma di sperimentarlo. Non si tratta di una cosa da capire e poi farla, come eravamo abituati nella logica di progetto. Si tratta di un’esperienza che ci chiama non tanto a convincerci di qualcosa ma a convertire la nostra mentalità e stile ecclesiale.
‘LISTE DI DOMANDE’
Ci è stato detto più volte da parte della CEI che non veniva proposto un questionario, anche se ci siamo trovati tra le mani una lista di domande, che quindi non chiameremo questionario ma, per l’appunto, ‘lista di domande’. In alcuni casi per riuscire a fare i compiti in tempo per l’invio a Roma degli ascolti si sono divise le domande per aree pastorali: le parrocchie rispondo alla domanda X, gli uffici alla domanda Y, i sacerdoti alla domanda Z,… In un precedente articolo ne abbiamo analizzate anche alcune di queste domande (https://missioneemmausblog.wordpress.com/2021/11/16/la-postura-della-chiesa-e-la-ginnastica-sinodale/) ed è interessante metterne in evidenza altre proprio per far emergere quella che appare come una distanza dalla comprensione del magistero e del tempo presente. Si tratta di ‘liste di domande’ trovate in internet.
‘Lista di domande’ di una parrocchia:
– Cosa conosci delle attività che si svolgono nella nostra Parrocchia? Cosa vorresti che si realizzasse? Ti senti parte della Comunità? Saresti disposto a prendere parte alle iniziative proposte? Come?
Non molto diverse da quelle di una Diocesi:
– Come desideri che la Chiesa ti sia vicina e possa camminare accanto a te? Come vorresti partecipare in modo personale alla vita della Chiesa?
Da un altro sito:
– Quando pensi alla nostra parrocchia, ti senti interpellato in prima persona? SI/NO
– Senti l’esigenza di collaborare, dando la tua disponibilità? SI/NO
– Perchè sì? Perchè no? In che modo la partecipazione alla vita di fede della comunità influenza le attività parrocchiali?
La preoccupazione è che come battezzato tu svolga un servizio in parrocchia altrimenti non vivi in pienezza la tua fede. Spunta di lato alle parole, tra gli spazi bianchi, il leggero sospetto di un giudizio. Ancora meglio è ben specificato nel sito di un’altra diocesi:
– Tutti noi cristiani siamo chiamati ad essere corresponsabili della nostra comunità. In cosa potresti impegnarti? E cosa viene trascurato nella tua parrocchia? (formazione: liturgica, caritativa, biblica, catechetica, ecc)
Personalmente trovo fastidiose certe domande. Mi scuso per lo sfogo. Ma esprimono un’idea distorta della partecipazione del battezzato alla vita di una comunità. L’appartenenza non è lo svolgimento di un servizio dentro le mura parrocchiali. Ogni cristiano annuncia e opera un servizio nei propri luoghi di vita e alcuni, solo alcuni, anche in parrocchia. Non vorrei sentirmi in colpa di partecipare alla messa domenicale, sentendomi giudicato come uno che pur non facendo nulla ‘scrocca’ la messa gratis. Capite che c’è qualcosa che non va, un residuo di un modello che non è più in essere.
Altre ‘liste di domande’:
– Come ti senti nella Chiesa cattolica? Hai delle riserve nei suoi confronti?
– Che cosa la Chiesa può imparare dalla società in cui viviamo? Che atteggiamento dovrebbe avere?
– Com’è la Chiesa che sogni? Quali passi compiere per arrivarci?
– Frequenti la parrocchia? Come ti senti al suo interno? Che cosa funziona o non funziona?
– Durante le celebrazioni eucaristiche o momenti liturgici a cui partecipi, ti senti protagonista attivo/a? Comprendi ciò che si sta celebrando?
Molto spesso queste domande chiedono una risposta limitata ad un click, che va da ‘per nulla’ a ‘molto’. Oppure suggeriscono delle risposte ben definite:
– Che cosa mantiene ai margini o che cosa spinge alcuni a prendere le distanze dalla comunità? Possibili risposte: Il sacerdote – Le prediche – I collaboratori del parroco – Le suore – Chi va a Messa la Domenica
– Cosa ritieni importante per essere credente in Cristo? Dai una tua valutazione da 1=minimo a 4=massimo. Possibili risposte: – Voler bene a tutti – Leggere e conoscere la Bibbia – Andare a Messa – Aiutare chi ha bisogno – Condividere con gli altri il Vangelo – Essere d’accordo con il Papa e i sacerdoti
– Cosa ti aspetti dai sacerdoti? (max 3 preferenze) Possibili risposte: – che siano disponibili ad ascoltarti senza giudicarti – che siano pronti a darti una mano se hai bisogno – che aiutino ad incontrare Cristo – che ti sappiano dire come ci si deve comportare – che celebrino bene i sacramenti
Le domande sappiamo non sono neutre e veicolano dei modelli, delle aspettative e precomprensioni. L’arte di fare domande è una delle più complesse ma anche la più rivelativa di cosa uno ha in testa, e ancor più nel cuore. E quanto emerge è l’immagine di una comunità e di una Chiesa che è ben lontana da un ascolto profondo, di prossimità, che si affianca e non tira o spinge. Si scade spesso su un piano moralistico, velatamente esortativo, operativo e funzionale, e si scorge il sorriso benevolo di chi ha già la risposta giusta ma fa la mossa per ascoltarti “perché un buon cristiano deve mettersi in ascolto”.
Il vademecum non proponeva nulla di tutto questo. Il taglio del dialogo spirituale è profondamente narrativo e kerygmatico. Non invita ad analisi o a schiacciarci su una rilevazione di dati ma semmai apre ad una rivelazione di storie di vita e di realtà profonde. Non è il dato quantitativo della ricerca che è richiesto ma il livello qualitativo dell’ascolto e dell’esperienza che esso è in grado di generare. E questo non avviene di fronte ad uno schermo cliccando sui pallini vuoti di una Google Form. Entrare in un dialogo reale e profondo e non ascoltare separatamente gli scritti di qualcuno, genera già beneficio e ritesse comunità. Provare anche a non fare ascolti di ambito, giovani solo con giovani e adulti o professionisti, o politici a parte. Il Papa richiama continuamente la necessita di un dialogo intergenerazionale, perché crea dimensioni di senso molto più proficue, in particolare tra giovani ed anziani. Insieme, intorno ad uno stesso tavolo, omosessuali ed eterosessuali, professionisti e disoccupati, donne e uomini, ordinati e laici… alla luce semplicemente di un comune battesimo. Un sogno comune si genera da questo dialogo e non dalle istanze dei singoli.
L‘ASCOLTO PROFONDO NON E’ UNA RILEVAZIONE MA UNA RIVELAZIONE
Il tema non è tanto quello della comprensione quanto quello della compassione. Questo a mio avviso è il cuore di questo ascolto. Ed era lo stile proprio di Gesù, che interroga i suoi discepoli distratti dalle folle, dai miracoli, dai numeri e dalle reazioni alle sue parole. Gesù pone i suoi discepoli di fronte alla realtà, chiede a loro come fare con quella folla che lo seguE e che è ora affamata e distante da casa. Chiede loro… prima di tutto per suscitare un anelito interiore di compassione. Il desiderio che il cuore dei suoi discepoli si accordi al suo come base per ripensare ciò che oggi è più opportuno ma senza limitarsi al solo dato empirico. Solo cinque pani e due pesci? Potremmo rimandare indietro tutti o farne dei microscopici pezzetti perché ognuno ne abbia un niente… potremmo fare un ordine con Amazon Prime e averne domani se ci fossero i soldi (sentire Giuda!). Potremmo stare zitti e intanto mangiarcene noi che siamo in piccolo gruppo scelto e gli altri ne mangeranno, tanto come è stato detto anche vedere l’eucarestia è una forma di partecipazione, no? Mangiamone noi per tutti. Potremmo fare finta che… Ma la compassione muove la creatività, l’atto generativo che non si distende sul reale, si protende al Regno che già vede e sente. La compassione che percepisce il bello anche nel creato (Laudato si’) e nei ‘Fratelli tutti’.
DALLA COMPRENSIONE ALLA COMPASSIONE
Il cammino sinodale è un tirocinio del cuore, prima che un esercizio di comprensione. Se avessi la comprensione senza la compassione “sarei sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (1Cor 13,1).
Concludo con un testo di letteratura, che più delle analisi ci apre alla tensione autentica della vita. Un brano tratto da ‘Fisica della malinconia’ dello scrittore bulgaro Gospodinov:
Anche se non sei nato a Versailles, Atene, il Liceo, Roma o Parigi, il sublime troverà comunque modo di manifestarsi. Se non hai letto lo Pseudo-Longino, non hai ascoltato Kant o… se abiti gli eterni campi analfabeti di anonimi paesini e città, di vuoti giorni e notti, lo stesso ti si disvelerà, nella sua propria lingua. Come il fumo di un camino in un mattino d’inverno, come una fetta di cielo azzurro scuro, come una nuvola che ti ricorda un qualcosa di un altro mondo, come una merda di bufalo. Il sublime dimora ovunque.