Un Percorso trasformativo per non accontentarsi
“Eppur si muove!” è la famosa frase pronunciata da Galileo davanti al Tribunale dell’Inquisizione, per sostenere il cambiamento introdotto dalla teoria copernicana rispetto al paradigma tolemaico all’epoca dominante.
“Eppur non cambia!” è invece la frase che spesso affiora amaramente sulle labbra di coloro che con impegno e fede si propongono oggi di introdurre cambiamenti pastorali nella chiesa.
Non c’è praticamene nessun responsabile pastorale che neghi l’esigenza di introdurre cambiamenti nell’attuale situazione ecclesiale, vuoi per sperimentare nuove opportunità, vuoi per provare a tornare alla ‘bella chiesa di una volta’. Ma altrettanto pochi – come conferma nel suo piccolo l’esperienza del Centro Studi – sono coloro che sanno come avviare e realizzare un cambiamento pastorale autentico, che non sia velleitario o episodico.
Un brutto paradosso
Oggi uno dei paradossi pastorali è proprio quello di una chiesa preda della ‘sindrome da cambiamento’, dagli effetti a volte ansiogeni, a volte euforici, ed allo stesso tempo immobilizzata perché non sa come procedere. A pagare il prezzo maggiore sono purtroppo proprio le persone più impegnate in questo sforzo di rinnovamento e cambiamento della Chiesa, quelle le più deluse e sconcertate dall’inerzia e contraddittorietà con cui la Chiesa procede. Oltre alla sincera e dolorosa frustrazione di molti credenti ‘di buona volontà’, non va sottovalutata o sottaciuta la malafede e opportunismo di coloro che (a volte inconsapevolmente ma comunque colpevolmente) mettono in atto un finto cambiamento, opportunistico, per provare a cambiare per non cambiare, cambiare senza cambiare.
Cambiare senza cambiare rimanda a una scelta precisa: introdurre degli adattamenti senza tuttavia modificare le premesse che governano il sistema ecclesiale e pastorale in vigore.
Il vero cambiamento invece non può che essere un cambiamento di visione ecclesiologica e di forme pastorali: non si può cambiare la Chiesa senza che la Chiesa cambi. Come già segnalato in un precedente articolo (LA COMUNITA’ CRISTIANA È CAPACE DI APPRENDIMENTO? – Centro Studi Missione Emmaus) la difficoltà ed al contempo l’esigenza è quella di apprendere a disapprendere, essere in grado di rileggere i paradigmi pastorali che ci condizionano ed uscire da essi per sperimentare altre visioni e relative prassi.
Tra volere e sapere
Tra voler cambiare e non saper cambiare c’è l’accontentarsi di uno pseudo cambiamento, un cambiamento al ribasso, la rinuncia a credere che si possa vivere il centuplo quaggiù.
Evitando posizioni manicheistiche (o tutto o niente) e di incappare nel rischio di sbagliare approccio e tempi (la tentazione della parabola del grano e della zizzania), possiamo invece prendere come spunto la parabola dei talenti.
In questo senso possiamo senz’altro affermare, anche dalla diretta esperienza sul campo di questi anni, che non esiste “il” cambiamento ma i cambiamenti, e che ogni cambiamento è diverso dagli altri. Ci sono dunque realtà ecclesiali che hanno ricevuto un compito di cambiamento da cinque talenti, altre due, altre ancora uno solo, “secondo la sua capacità”. Tutti, tuttavia, da impiegare e far fruttare. Quello che non è consentito è di seppellire il talento del cambiamento, anche se con la retta intenzione di ‘salvaguardarlo e restituirlo’ così come ricevuto.
I talenti del cambiamento, per avere talento nel cambiare
I processi di cambiamento, anche nelle realtà ecclesiali, proprio come i talenti non sono tutti uguali e della stessa misura. Nessun problema al riguardo, basta evitare la rinuncia e la passività. Gli esperti di cambiamento organizzativo segnalano al proposito che il cambiamento può avvenire secondo quattro principali modalità, come evidenzia lo schema riportata.
Riallineamento | Trasformazione | |
Incrementale | ADATTATAMENTO | EVOLUZIONE |
‘big bang’ | RICOSTRUZIONE | RIVOLUZIONE |
Per cogliere il tipo di cambiamento è anzitutto utile distinguere e considerare due fattori: a) l’ampiezza del cambiamento; b) la natura del cambiamento.
In termini di ampiezza del cambiamento la questione è se tale cambiamento può avvenire in linea con i modelli pastorali in atto restando all’interno del paradigma precedente, e quindi come azione di riallineamento strategico, oppure se esso richieda un significativo cambiamento nella visione ecclesiologica che si configura dunque come un cambiamento trasformativo.
La natura del cambiamento ha a che fare a sua volta con la velocità alla quale esso avviene o dovrebbe accadere. Parliamo di cambiamento pastorale incrementale nei casi in cui sembrerebbe più adeguato un cambiamento che lasci tempo per realizzarsi a partire dalle abilità, routine, e credenze già presenti nell’organizzazione pastorale.
Tuttavia, se il modello pastorale deve fronteggiare una crisi e affrontare rapidi cambiamenti di direzione un approccio alla ‘big bang’ al cambiamento può essere più opportuno.
Se incrociamo questi due fattori abbiamo quattro tipi di intervento strategico per il cambiamento
- cambiamento per adattamento: può essere introdotto all’interno delle esistenti culture e premesse pastorali in modo progressivo: si tratta indicativamente della forma di cambiamento più comune attualmente attivata in ambito ecclesiale, ad esempio l’introduzione di forme e mezzi comunicativi tipicamente social a fianco o in alternativa a quelli tradizionali.
- cambiamento per ricostruzione: può avvenire in tempi più rapidi e produrre una buona dose di sconvolgimento, comportando anche una inversione di rotta quando si rivela necessaria una modifica strutturale più profonda o una diversa priorità nell’uso delle risorse. Esso, tuttavia, non tocca le fondamenta pastorali esistenti e non opera un cambio delle premesse e nella logica di fondo. Un esempio eclatante al riguardo è quella della riorganizzazione in unità o comunità pastorali.
- cambiamento evolutivo: è una modalità adottata quando si punta ad un cambiamento di paradigma ma spalmato nel tempo. Questo tipo di approccio avviene o è utilizzato quando l’organizzazione non ha un’impellente esigenza di cambiamento ma pianifica in modo profetico il suo futuro. Un esempio in tal senso è il cambiamento sul carisma in forme aggiornate, frutto del discernimento, da parte di ordini religiosi.
- cambiamento rivoluzionario: è un cambiamento che richiede rapidità e lavoro in profondità delle premesse. Questo cambiamento si rende necessario quando il modello utilizzato risulta troppo debole rispetto alle richieste del contesto sociale, culturale o di fede in cui è inserito. Tale cambiamento, benchè drastico, a volte richiede o è il frutto di molti anni di discussioni ed è adottato quando le circostanze sono diventate insostenibili. Un esempio sono i drastici cambi strategici o chiusure di settori o territori di presenza di congregazioni religiose.
Un percorso possibile
Lasciamo a voi decidere, se la cosa vi stuzzica, quanti ‘talenti’ assegnare ai diversi tipi di cambiamento, e provare a riconoscere quello che farebbe al caso vostro.
Da parte nostra, proponiamo di prenderli in considerazione tutti, per saggiarne efficacia e sostenibilità. Per questo da alcuni anni come Centro Studi Missione Emmaus offriamo un originale ed innovativo cammino dedicato a coloro che intendono facilitare il cambiamento pastorale: il Percorso INTRO, un ‘sentiero in quota’ nel quale fare esperienza trasformativa, occasione per cogliere il ‘soffio dello Spirito’ che quel dato cambiamento pastorale esprime.
Il Percorso Intro vuole intercettare e rispondere all’esigenza di disporre di figure siano in grado di facilitare ed accompagnare tale cambiamento. Sono già una sessantina coloro che hanno partecipato alle precedenti edizioni del Percorso Intro e che ora possono lavorare in rete grazie alla Accademia ‘Campo base’, creata dal Centro Studi, per non disperdere esperienza e speranza.
Il Percorso Intro non è una scuola, non è un master, non è un corso di aggiornamento. Non intende formare ma tras-formare coloro che vi partecipano, perché siano a loro volta in grado di tras-formare altri, la propria comunità.
Sperimentare l’esperienza del Percorso Intro è rendersi disponibili all’adozione di un approccio all’agire pastorale nuovo. Non a caso i temi affrontati sono il passaggio dal classico approccio progettuale ad un approccio processuale, la riscoperta del discernimento, la elaborazione di un ‘sogno missionario’, l’individuazione di nuove prassi e segni di discontinuità pastorale, il passaggio dalla leadership alla ‘sinodalship’, ovvero l’apprendimento di nuovi stili e posture nella guida delle comunità ecclesiali
Pronti per la prossima edizione
Forti e rincuorati dell’esito delle precedenti edizioni, in autunno, il prossimo 8 novembre, partirà la 5a edizione del Percorso (articolato in cinque giornate e uno stage residenziale, per una durata di circa sei mesi). Per chi vorrà partecipare, vivrà l’opportunità di condividere una esperienza sinodale e tras-formativa, generativa di figure di facilitatori e accompagnatori del cambiamento pastorale.
La sede degli incontri è Bologna. Chi fosse interessato può già contattarci inviando una mail a: segreteria@missioneemmus.com