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Dai progetti ai processi

Tempo di lettura: 4 minuti

QUANDO UN CAMMELLO E’ PIU’ OPPORTUNO DI UN CAVALLO

La distinzione tra progetti e processi potrebbe essere tacciata da qualcuno come un puro nominalismo. Cioè, usare termini diversi per dire in fondo la stessa cosa. In questo breve articolo cercheremo di dimostrare la diversa natura tra le due categorie.

Un economista sosteneva, in chiave ironica, che un cammello non era altro che un cavallo uscito fuori dal lavoro di una commissione. Spesso nelle tante riunioni si raggiunge un risultato per nulla efficiente. E per accontentare un po’ tutti invece di un risultato ottimale si giunge ad un accordo di basso profilo. Ecco il cammello. Ma è sempre così? Forse la distinzione tra progetti e processi può aiutare a dare risposta a questa domanda.

Partiamo da una distinzione di carattere etimologico.

Progetto, dal latino projèctus consiste nell’azione di lanciare, gettare (jàcere) avanti (pro). Qualcosa che si è prodotto viene portato fuori da sé, posto davanti. Si parla anche di ‘gettare le fondamenta’.

Processo, dal latino procèssus, è il participio passato di procedere, andare avanti. Non è gettare fuori da sé ma procedere insieme in avanti.

Non si vuole contrapporre i due termini o indicare che uno è migliore dell’altro, ma specificarne la differenza per discernere quale è più adatto e utile per il tempo che stiamo vivendo. Un tempo complesso, in continuo cambiamento, che rende difficile a mio avviso l’atto di gettare delle fondamenta. È più il momento di operare carotaggi, come ho avuto già modo di scrivere in un precedente articolo (vedi articolo https://missioneemmausblog.wordpress.com/2019/04/24/christus-vivit-un-accorato-appello-di-papa-francesco-alla-chiesa/).

Proviamo ad analizzare più a fondo questa distinzione.

DAL BISOGNO AL SOGNO, DALLE URGENZE ALLE PRIORITA’

Un progetto prende avvio dall’evidenziare un bisogno, un’urgenza su cui lavorare, un problema da risolvere. Elabora un’analisi dei bisogni con interviste, questionari e sulla base di questi definisce un piano di azione. Opera un’attenta analisi della realtà anche sul piano sociologico. Un’urgenza è un problema da risolvere nel breve periodo, perché rappresenta un problema a cui dare subito una risposta.

Un processo parte dalla condivisione di un sogno e non di un bisogno, da una visione che si attuerà nel tempo. Opera un discernimento più che un’analisi, un riconoscere più che un vedere. Fissa delle priorità e non si presta a intervenire su delle urgenze. La priorità consiste nella scelta di investire molte delle proprie risorse nel perseguire un risultato che si vedrà realizzato in un tempo lungo. Non costituisce un punto di partenza ma di arrivo.

DAL BREVE AL LUNGO PERIODO

Un progetto opera generalmente sul breve e medio periodo. Dentro un tempo fissato si attende dei risultati che ha dichiarato nella fase di studio.

Un processo opera su tempi lunghi, cercando di attivare cambiamenti profondi, a livello culturale, simbolico, organizzativo. Non un semplice cambiamento ma una conversione. Non vuole limitarsi a trasformare la realtà ma a trasfigurarla a partire dal sogno che l’ha generato. Papa Francesco parla di processi proprio in merito alla tensione tra tempo e spazio, che si risolve in Evangelii Gaudium nel dare più valore al primo sul secondo, affinché lo spazio non si annulli ma si purifichi.

DALL’EFFICIENZA ALL’EFFICACIA

Il progetto fissa dei risultati o obiettivi da perseguire, che possono essere descritti con precisione, alla luce di un’analisi della realtà precisa. Obiettivi misurabili nel tempo e nella portata, negli effetti, concreti. Del resto si basa su dati abbastanza certi. Il metro di misura è l’efficienza: ottimizzare il rapporto costo e benefici, riducendo cioè i costi e l’impiego delle risorse per ottenere il massimo dei risultati. Si possono dare per questo incarichi precisi, definire piani e mansionari dettagliati.

Il processo non ha l’ansia dei risultati. Sa che il processo stesso se gestito con sapienza è generativo di frutti lungo il cammino. Sa che non ci sono dati certi e cambiamenti lineari in termini di causa effetto. La comprensione opera all’interno dell’azione (thinking in action), non parte da una piena comprensione della realtà non solo perché poco realistica ma anche perché ritenuta rischiosa, cioè filtrata dai modelli interpretativi e linguistici in possesso. Trae invece informazioni preziose dagli errori, che non rappresentano uno spreco ma un investimento significativo se è possibile compierli in modo limitato e controllato (piccole sperimentazioni). Nel processo più che l’efficienza è quindi l’efficacia che è presa in considerazione. Non l’ottimizzazione delle risorse ma la capacità di mettere in atto delle esperienze significative, che abbiano nel tempo un impatto sulla realtà. Sembrerà allora di perdere del tempo in riunioni, confronti accesi, fare un passo avanti e poi uno indietro e poi ripartire,… ma si sta generando in tutto questo un movimento che se ben gestito può portare a degli importanti traguardi.

DAI RISULTATI ALL’APPRENDIMENTO

Il progetto è in funzione di un risultato, di un prodotto o servizio da realizzare.  Ci sarà chiesto alla fine: cosa hai fatto? Come lo hai fatto?

Il processo è in funzione dell’apprendimento diffuso, di tutte le persone che ne prendono parte. Dell’apprendimento e del discernimento. Un apprendimento al tempo stesso individuale e organizzativo. Ci sarà chiesto alla fine: cosa hai appreso? perché l’hai fatto? Il cambiamento che si vuole realizzare e non tanto il prodotto, richiede un riapprendere linguaggi, simboli, riti, abitudini, ruoli. Un cambiamento di paradigma.

Tutte le distinzioni che abbiamo fatto sono delle semplificazioni per aiutare a cogliere delle distinzioni. Nella realtà i progetti possono contenere dei processi così come un processo richiede degli elementi di progettazione. Ma sono due categorie che non vanno confuse. Passare dall’una all’altra richiede un cambio di approccio profondo, una nuova forma mentis nel pensare alla pastorale.

MEGLIO UN CAVALLO O UN CAMMELLO? DIPENDE DALLA STRADA CHE SEI CHIAMATO A PERCORRERE

Torniamo alla domanda iniziale. Quando un cammello è più opportuno di un cavallo? Dipende dalla strada che ti è chiesto di percorrere.

Allora riformulo la domanda. Se dovessi attraversare un deserto sceglieresti un cavallo o un cammello? In questo tempo la Chiesa quale cammino è chiamata a percorrere? Sono tanti e frequenti i riferimenti all’Esodo. Forse un cammello oggi, un processo non efficiente ma efficace, un cambiamento da accompagnare in un tempo lungo per generare un nuovo paradigma di Chiesa, è più opportuno di un cavallo.