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Sulla “soglia” della risurrezione

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Tempo di lettura: 3 minuti

OLTREPASSARE LA MORTE

L’articolo è stato pubblicato domenica 3 aprile su Avvenire nella pagina dedicata alla Diocesi di Rovigo. Un commento pastorale al Vangelo della V domenica di Quaresima. Tre ‘tensioni’ da tenere vive per oltrepassare le soglie ecclesiali e mettere in atto una vera conversione pastorale.

Ci sono momenti capaci di cambiare per sempre la direzione di una vita. Pensiamo ad una gioia intensa, ad un lutto, ad una forte angoscia, ad una riconciliazione inaspettata, … Alcuni teologi chiamano questi episodi “situazioni di apertura” o “esperienze di risurrezione”. In essi irrompe una novità inattesa: niente sarà più come prima da quel momento in poi poiché un nuovo sguardo pervaderà l’esistenza trasfigurandola. In questi momenti avviene un passaggio: una crisi diviene opportunità, o un avvenimento mortifero si rivela foriero di nuova vita.

Il percorso della vita non procede in modo lineare. È un processo il cui sviluppo avviene per crisi e rotture che purificano e generano una discontinuità benefica. La vita cresce attraverso molteplici “esperienze di risurrezione”. Anche per la donna del Vangelo si avvera nell’incontro con Gesù un’esperienza simile: l’avvenimento ha per lei un esito inaspettato. La sua morte certa diviene in pochi istanti una nuova vita. In lei (e anche nel cerchio degli scribi e dei farisei riuniti per il giudizio) si apre una breccia di liberazione che rompe pregiudizi, schemi e abitudini e mostra la realtà in modo nuovo.

Per la Chiesa è interessante riconoscere il luogo in cui spesso avvengono le esperienze di risurrezione: l’incontro tra Gesù e la donna avviene in un “luogo di soglia”. Gesù in quei giorni si sposta fuori e dentro i confini del Tempio facendo la spola tra il Monte degli Ulivi e il luogo sacro; l’episodio della donna mostra come i confini della Legge siano portati a compimento dall’esperienza di misericordia; i confini del cerchio degli uomini intorno alla donna vengono oltrepassati da Gesù.

Oggi molte comunità cristiane e battezzati necessitano abitare (e di oltrepassare) le proprie “soglie” rendendosi disponibili alla conversione. Sono chiamati ad uscire dai propri schemi consolidati e dalle proprie routine per fare spazio all’inaspettato dello Spirito. Cosa significa tutto questo a livello pastorale? Tenendo in filigrana l’episodio biblico di questa domenica cercherò ora di delineare tre “tensioni” che mi sembrano oggi particolarmente opportune al fine di abitare e oltrepassare le soglie ecclesiali e liberare un cambiamento efficace.

Dare priorità ai “processi” sui “progetti”

I progetti ingabbiano, riempiono le agende pastorali, impediscono di uscire dai vecchi modelli di pensiero e di azione. In un contesto di cambio d’epoca portano inevitabilmente ad un esito mortifero, come la Legge nei confronti della donna. Gesù esce dalla prospettiva stretta della “rilevazione” che gli chiede di risolvere un problema, per entrare nell’orizzonte ampio della “rivelazione” e lasciarsi interrogare da qualcosa di più profondo e denso di significato. In questa prospettiva oggi diviene importante non lasciarsi travolgere dai “bisogni”, ma lasciarsi orientare dai “sogni” (missionari).

“Iniziare” è più efficace che “formare”

Oggi si parla molto di formazione nella Chiesa. Essa ha come finalità l’aiutare una persona ad assumere una “forma”, trasferendo in essa conoscenze, competenze e motivandola. La formazione immette il soggetto in un modello prestabilito. Anche l’azione di giudizio richiesta dagli scribi e dai farisei nei confronti della donna assume in qualche modo questi connotati. In questa prospettiva dobbiamo riconoscere che molte forme pastorali ed ecclesiali oggi non sono più in grado di tradurre il Vangelo e nonostante ciò si vuole continuare a metterci dentro le persone. Per le comunità e i battezzati diviene più opportuno invece “de-formarsi”, cioè separarsi da alcune forme del passato ­– Gesù ha proprio separato la donna dal cerchio dei presenti – per fare spazio a nuove esperienze capaci di introdurre novità e “tras-formare” realmente la persona, introducendola in un dinamismo di conversione. Si tratta di veri e propri processi di iniziazione, che hanno tappe proprie di un dinamismo pasquale.

Scegliere “cosa non fare” è più importante che decidere “cosa fare”

Oggi si fatica ad entrare nella logica dei processi perché “ci sono molte cose da fare” e non c’è tempo per iniziare nuove esplorazioni pastorali, … Ricordiamoci che Gesù, posto dinnanzi al netto interrogativo degli scribi e dei farisei, non ha deciso “cosa fare” della donna, ma soltanto ha aiutato i presenti a scegliere “cosa non fare”. Entrare in questa prospettiva chiede di mettere in secondo piano una semplice “gestione” dell’esistente, per fare spazio ad una Chiesa in stato di “missione”, cioè capace di sperimentare nuove vie per il Vangelo. Questa prospettiva provoca i battezzati e le comunità cristiane a lasciare, potare, perdere il controllo (rischiare di morire) per entrare in una “situazione di apertura” in cui sperimentare ancora una volta la potenza della Risurrezione.