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CAMBIAMENTO COME RISPOSTA A UNA VOCAZIONE RELIGIOSA

Tempo di lettura: 7 minuti

L’ESSENZA DELLA VITA È CAMBIAMENTO – LE SUE FORME SONO TRANSITORIE

La vita, nella sua più intima realtà è cambiamento. Ogni forma di vita è in perenne trasformazione, sia in funzione della sua evoluzione naturale, sia della sua capacità di adattamento e trasformazione al mutare delle condizioni che tempo per tempo incrocia. Le forme degli elementi naturali ce lo insegnano, ogni essere vivente è tale e lo resta fino a che è capace di mutamento nel contesto che abita, la vita, infatti è più forte di ogni costrizione o sconvolgimento, la vita vince sempre.

 

LA TENDENZA UMANA AD ISTITUZIONALIZZARE LE FORME

Anche l’essere umano è cambiamento e l’esperienza quotidiana di ciascuno lo può testimoniare senza alcun dubbio. Tuttavia, la natura umana tende a sistematizzare delle forme per poter dare una cornice di ordine, di senso e ritualità a tutto ciò che vive. In questo processo, che corrisponde ad un bisogno umano, il pericolo è che l’istituzionalizzazione di alcune forme venga assunta come essenziale e definitiva, e risulti più importante della realtà stessa che vuole servire, cioè della vita che cambia (cf. Mc 2,27 – e diceva loro: “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!”).

 

LA VOCAZIONE ALLA VITA PIENA

L’etimologia della parola “vocazione” deriva dal latino vocatio, che significa letteralmente “chiamata” o “invito”. È basata sul verbo latino “vocare” (chiamare), che a sua volta deriva da “vox” (voce). In una società diffusamente religiosa il termine era strettamente legato all’idea di una “chiamata” divina, ma oggi si è esteso per indicare un forte richiamo interiore o esterno verso una specifica missione, che sia personale, professionale, spirituale o di altro tipo.

In fondo, tutte le vocazioni intimamente percepite e riconosciute come “vere e profonde”, accolte ed agite, sono frutto di un incontro con il “trascendente”, cioè con un appello che intimamente supera l’uomo, creatura circoscritta e limitata, eppure capace di dilatazione infinita fino all’immensità dell’Eterno. Esse sono prima di tutto una chiamata personale alla vita piena, incarnata spesso attraverso una missione peculiare e talvolta, come per esempio nel caso delle vocazioni alla vita religiosa, attraverso l’espressione di un carisma specifico (dal latino tardo: chàrisma a sua volta dal greco khárisma, derivato di kháris, grazia) capace di illuminare ed esprimere in maniera unica un frammento dell’Eterno. Quando un uomo o una donna hanno il dono/grazia (kháris), il coraggio e la forza (dynamis – movimento) di mettersi alla ricerca della propria vocazione particolare, quando una volta intuita, ascoltata, riconosciuta e nominata, mettono in atto tutto di se stessi per realizzarla, quell’uomo o quella donna stanno concretizzando pienamente la propria identità profonda e al tempo stesso, il Regno di Dio è all’opera attraverso di loro ed in loro per la sua realizzazione.

 

LA “GENIALATA” DI DIO

Infatti, da quando Dio ha “dato il via a modo suo” all’universo, al pianeta terra che conosciamo, e agli esseri strani che lo abitano, chissà perché, gli è piaciuto smettere di fare le cose da solo e ha deciso di affidarsi anche alle “sue creature”, ed in particolare agli uomini e alle donne ai quali ha dato soffio di vita ed affibbiato il mondo perché se ne prendessero cura. Sappiamo che questa “divina genialata” ha dei risvolti contrastanti vista la quantità di guai che il genere umano è in grado di realizzare… e spesso ci sorge inevitabilmente dal più profondo del cuore la domanda: ma chi t’ l’ha fatt’ fa?!? Tuttavia, questa è la realtà e a ben guardare non possiamo tacere anche le meraviglie che nei millenni l’essere umano è stato in grado di realizzare attraverso intuizioni e visioni inaudite. È il caso anche del percorso delle vocazioni accolte e compiute che hanno portato a realizzazioni creative, geniali e generative di novità alle quali neanche Dio aveva pensato, anche se dicono sapesse già tutto, beat’ a lui.

 

LE VOCAZIONI NELLA CHIESA E NELLA VITA RELIGIOSA

Veniamo ora al contesto specifico delle vocazioni che possiamo chiamare “credenti”, che rispondono cioè a quello che ci piace nominare “il disegno di Dio”, ma che senza l’adesione umana non si realizzano. Tutto il cammino della Chiesa è impregnato di risposte a queste chiamate. Nel corso dei millenni, gli uomini e le donne che le hanno accolte, hanno incarnato in tantissime espressioni diverse l’anelito d’amore divino, dando vita sia alla Chiesa nella sua struttura ormai plurimillenaria sia a tantissime formule di vita consacrata o laicale secondo manifestazioni ed accenti diversi al servizio del Regno. Essi hanno così messo in atto delle formule particolari che rispondevano al proprio incontro individuale con l’amore di Dio, al proprio carisma personale, alla personalità individuale, alle opportunità che la storia, la realtà e lo Spirito, offrivano loro.

La molteplicità delle vocazioni nella Chiesa è quindi un dono, nessuno potrebbe coprire il Tutto, ma ognuno può esprimere un aspetto particolare del volto molteplice del Cristo. Lo Spirito all’opera nel mondo ha così suscitato una varietà di espressioni ed ognuna contribuisce a fare un po’ di luce per incarnare quel volto infinito ed “infinibile” dell’Eterno. Ognuna di esse ha contribuito in maniera unica a realizzare un pezzettino del Regno di Dio in atto fra di noi.

 

I TEMPI CAMBIANO E LA MORTE SI AVVICINA…

Ma la storia e l’uomo cambiano, le realtà si evolvono, talvolta in maniera radicale ed estrema, come accade nei cambi d’epoca tipo quello che stiamo vivendo. In questi cambi radicali anche le forme concrete in cui le vocazioni specifiche si sono manifestate, talvolta sembrano non funzionare più, non attirano più, non sono più funzionali (brutta parola) all’annuncio dell’amore di Dio. In altre parole, non “servono” più l’uomo, non “servono” più la vita, perché la vita si è trasformata ed è andata altrove. Forse perché parlano un linguaggio non più conosciuto o comprensibile, o forse perché si sono perse la propria identità, scambiando la forma con cui veniva espressa per l’essenza. Sembra, in qualche modo, che sia venuta meno quella collaborazione alla costruzione del Regno di Dio che le rendeva significative e vitali. Non producono più vita né fuori da esse né al loro interno e di questo il calo delle vocazioni o gli abbandoni della vita sacerdotale o consacrata sono un testimone lampante.

Cosa si è rotto? Cosa si è perso? (cf. LUCA DIOTALLEVI, La Chiesa si è rotta. Frammenti e spiragli di un tempo di crisi e opportunità, Rubettino, 2025). L’argomento è complesso e sfaccettato, riguarda sia l’evoluzione della cultura del mondo nel suo complesso, sia i singoli con le loro scelte (e la capacità/incapacità di trasmetterle), sia le forme istituzionali… Non si può liquidare il tutto in poche parole, ma il punto sul quale ci vogliamo focalizzare dove sta? La domanda che ci poniamo qual è? Non sarà mica che Dio si è sbagliato? O che le realizzazioni concrete di alcune espressioni carismatiche legate ad una vocazione erano a termine? Forse che i carismi specifici vanno bene per un certo tempo e poi non più per cui poi bisogna buttarli via?

 

IL CARISMA

Probabilmente no, ma… una cosa è il carisma di una certa realtà ed altro è la sua forma di applicazione al reale. Potremmo definire il Carisma una sorta di linguaggio, una declinazione, un modo speciale, unico, identificabile di dire la fede e l’incontro con Dio che talvolta, pur con tutti i limiti del linguaggio, può arrivare a coincidere imperfettamente con alcune espressioni.  Così abbiniamo a Francesco d’Assisi la via della povertà, dell’umiltà e semplicità, a Teresina del Bambin Gesù la via della piccolezza e dell’infanzia, a Charles de Foucault quello della vita nascosta e dell’imitazione di Gesù di Nazareth, l’amore per i poveri e i marginali; ad Ignazio di Loyola quella della libertà interiore e della capacità di discernimento per un magis – “fare di più per la gloria di Dio”, a Benedetto da Norcia la via monastica con la sua regola ecc. ecc. Se crediamo che lo Spirito di Dio è all’opera sempre, possiamo pure credere che in determinati periodi storici abbia ispirato uomini e donne a realizzazioni particolari per raccontare e rinnovare l’unione con il divino, la vita, la fede, e permettere a tanti uomini e donne di avvicinarsi e rispondere a loro volta attraverso la sintonia con quel linguaggio particolare.

 

LE RIFORME

Sappiamo anche che nella Chiesa, negli Ordini e nelle Congregazioni religiose, si sono realizzate nei secoli molteplici esperienze di riforma, a motivo della sensibilità di alcuni, del mutare dei tempi, delle condizioni e delle esigenze, spesso alla ricerca di un di più di fedeltà al carisma iniziale. (cf. YVES CONGAR, Vera e falsa riforma nella Chiesa, Milano, Jaca book, 1972).

 

CARISMA UNA FEDELTÀ IN MOVIMENTO

La ricerca di fedeltà al carisma è uno dei temi che con ricorrenza tocca ogni espressione di vita consacrata: la realtà cambia, e talvolta in maniera radicale, allora, si può restare fedeli al carisma mutando le forme in cui viene espresso?  Dalla mia esperienza di accompagnamento di tante famiglie religiose direi di sì. Anzi, è una sfida positiva a cui ogni realtà che voglia rimanere viva e vitale è chiamata. Far vivere il carisma, restando mobilmente fedeli ai suoi essenziali, comporta un lavoro intenso di riappropriazione della propria identità profonda e di dialogo con il mutare del reale; poiché la vita stessa è movimento, ogni Carisma, per rimanere vitale, è costretto ad un movimento creativo continuo, che gli consenta di riesprimersi in modalità nuove, in sintonia dialettica con il mutare dei tempi (questo è un lavoro di creatività), pur rimanendo fedeli alla propria essenza (questo è un lavoro di riappropriazione). Il punto non è ovviamente rinnovarsi esteriormente, come fanno regolarmente alcuni grandi Brand che rimodulano la propria immagine attraverso la modifica del logo e dei propri prodotti secondo il gusto estetico del momento. Il vero movimento vitale, sta piuttosto nella rilettura sapienziale degli elementi essenziali del carisma che ne svela nuove potenzialità fino a quel momento non ancora espresse; sta nell’intuizione di quelle nuove formule, modalità, linguaggi con cui quello specifico dono carismatico è in grado di illuminare l’oggi. Questo lavoro, ancora una volta non lo fa Dio, ma ci è consegnato: sta a noi trovare la novità che quel carisma specifico può esprimere per raggiungere il cuore dell’uomo e le sue esigenze attuali.

Cosicché possiamo chiederci: quali forme nuove il mio carisma specifico è chiamato ad incarnare oggi, affinché il dono che lo ha illuminato e pervaso fin dall’inizio continui a risplendere in forme e parole comprensibili, utili e interessanti per il nostro tempo? Di cosa abbiamo bisogno, io e la mia realtà per poter mettere in moto questo lavoro rigenerativo e creativo di rinnovamento affinché la nostra comune vocazione possa ancora attirare un mondo che sempre ha bisogno dell’annuncio di amore, pace, misericordia, uguaglianza che viene dal cuore di Cristo?

Domande forse scomode, ma intriganti, che richiedono pazienza, discernimento e apertura dello Spirito in un confronto fraterno, ma anche coraggioso, che ci sproni ad abbandonare i paradigmi di ciò che è conosciuto per sperimentare la vitalità in divenire della grazia.