RUMINATIO SINODALE – 67 CRITERI ECUMENICI
Sessantasettesima ruminatio sinodale sul settimo tema del Sinodo universale: criteri ecumenici. Per leggere tutte le Ruminatio vai al seguente link ruminario sinodale
Se non compreso nel giusto modo, un titolo così risulta freddo, senza pietà, del tutto crudo e cattivo. Eppure, leggendolo con un’altra angolazione degli occhi, diversa dal solito, non c’è nulla di più vero nella vita.
Un titolo così potrebbe essere trasformato anche in un monito di vita, accettabile, addirittura auspicabile e sicuramente consigliabile a chi ad un certo punto del suo viaggio chiede come fare, come affrontare un passaggio delicato nella sua storia personale. Impantanati come siamo un po’ tutti dentro i nostri vissuti più strambi, talvolta perfino nel guano della mediocrità di pensiero e di ricerca appassionata di sentieri e di modalità di rinnovata unità, tutto può risultarci utile e salutare per riemergere, per riprendere vita e direzione, finalmente con un senso nuovo nel cuore e nella mente.
Quando, di fronte alle nostre convinzioni di sempre, scopriamo di essere invece in gabbia, la libertà ci seduce, ci fa comprendere e misurare la povertà di una certa quotidianità dentro la quale si pensava di essere nel giusto, benedetti ed autorizzati a costruire storie belle e gloriose di Chiesa. Invece, con il senno del poi e della verità della ragione, la coscienza del Vangelo ci suggerisce che alla fine non tutto è stato una storia di gran cuore.
Ogni spirito avverso, ogni realtà pensata e realizzata lungo la via della divisone e del male, qualsiasi passo che ci abbia allontanati piuttosto che avvicinati, certo, ora non tutto merita di vivere, poiché si è andato via via rivelando per quello che era, espressione di una concreta spaccatura del principio evangelico dell’unità. E, allora, muoia pure e tutto quanto non è il bene di tutti, ma tutto ciò che è crescita e sviluppo per ciascuna persona credente, e della sua piccola o grande Chiesa, tutto sia sostenuto dalla forza trasformante del proprio amore.
Se in qualche maniera la gente non credente deve essere affascinata dalla bellezza e della ragionevolezza della fede nel medesimo Signore Risorto, allora non tutto merita di vivere, iniziando da quelle pieghe, da quelle ferite presenti nel tessuto della nostra storia cristiana che altro non sono che il risultato degli errori dei primi sui secondi, del peccato di alcuni su molti, del tradimento della legge aurea dell’amore. Ci vuole una buona carica di misericordia e di perdono perché le singole Chiese ritornino ad essere una storia di gran cuore. Perché no?