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Non sparate sul pianista

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Tempo di lettura: 4 minuti

DALLE ANALISI AI SEGNI PASTORALI

L’articolo è uscito di getto, dopo aver letto l’ennesima analisi sulle svariate crisi, malattie, incapacità della pastorale oggi, della parrocchia, della Chiesa tout court. Validi i contributi ma ne esco fuori senza respiro, con il fiato più corto di quanto avevo già. Mi è apparsa l’immagine vista nei miei amati film western, quella del pianista che da le spalle al pericolo e cerca di eseguire la sua melodia malgrado tutto. Il desiderio è allora andare oltre le analisi e suggerire delle piste su cui incamminarsi, non per eliminare gli ostacoli ma per affrontarli senza essere a corto di fiato, ma con un respiro più ampio.

Nei saloon del Far West, accanto al pianoforte era apposta una scritta “don’t shot the pianist”, ‘non sparate al pianista’. Il pianista infatti veniva pagato, era un investimento e sostituirlo non era facile, perché andare a suonare nelle lande selvagge e pericolose del west, dando le spalle ad avventurieri, cowboys, giocatori professionisti di carte, prostitute da sala, bounty-killers, viaggiatori, ecc., richiedeva musicisti temerari. Suonava anche durante le risse, così da coprire il baccano ed evitare l’arrivo dello sceriffo e l’interruzione dell’attività commerciale. Dietro di lui poteva avvenire di tutto, scazzottate, sparatorie, ubriacature, partite a carte, amoreggiamenti. L’importante era non sparare su di lui e sul pianoforte.

Scrivo questo dopo aver letto l’ennesimo articolo che elenca le svariate crisi, malattie, incapacità della pastorale oggi, della parrocchia, della Chiesa tout court. Non che si disapprovino i contenuti di tali articoli ma rischiano di lasciare senza respiro, con il fiato più corto di quanto si aveva già. E a proposito di respirazione Romano Guardini scriveva: “Non si deve soltanto espirare, ma anche inspirare. Oggi, però si è giunti in ampia misura al punto che il respiro esce soltanto; che si parla soltanto, si fa soltanto, ci si muove soltanto, si lotta soltanto, si guadagna e gode soltanto. Le forze del silenzio e dell’interiorità, del nucleo dell’uomo minacciano di abbandonare l’Europa. E se ne andranno davvero, all’ora l’Occidente dovrà inaridire, poiché la sua grandezza era alimentata nel più profondo da quelle forze”. Non basta espirare, non basta sparare sul pianista che comunque è chiamato a continuare a suonare la sua melodia per tutti, non basta reagire col fare pur di non stare fermi.

Potremmo allora chiedere al pianista di cambiare spartito, di suonare una nuova melodia. Potremmo chiedere non di smettere di fare le cose ma di farle in modo nuovo. Potremmo chiedere di non smettere di espirare ma di far seguire al rilassamento dei muscoli intercostali e del diaframma una loro successiva contrazione per accogliere nuova aria ricca di ossigeno.

Abbiamo bisogno di melodia, di azione e di ossigeno. Di vita.

Questo è quello che ci sta profondamente a cuore come Centro Studi. Ci sono delle piste che si possono seguire, che sappiamo non sono facili, ma che si possono percorrere. L’articolo di don Alessandro Castellani sui ‘Custodi del fuoco’ ne è un esempio. Alcune sperimentazioni che stiamo seguendo in Italia ne sono altri. Sono solo piccoli segni. Perché è di segni che abbiamo bisogno più che di progetti. Alcuni obietteranno: anche i farisei chiedevano a Gesù dei segni! In realtà era Gesù il primo a rispondere spesso alle domande provocatorie o a degli eventi spiacevoli compiendo dei segni. Non si tratta di chiederli, infatti, non si tratta di invocare nessuna ‘magia’.

Oggi tutto ciò è ancora più importante. Stiamo realizzando che questo anno pastorale sarà diverso, non potento fare quello che siamo stati abituati a programmare in tutti gli anni precedenti: progetti, iniziative, percorsi. E il rischio più grande sarebbe proprio quello di cercare di adattare quanto facevamo prima all’attuale situazione invece di pensare qualcosa di nuovo che faccia forza su altri elementi di valore, generando nuove opportunità.

Visto che non desidero io per primo sparare sul pianista cerco di proporre a lui qualche nuovo spartito. Sento spesso dire giustamente che quelli che stanno pagando di più questa situazione sono gli adolescenti e i giovani. Hanno la sola didattica a distanza e chiuse le palestre e gli altri luoghi di ritrovo e sfogo. Con grande buona volontà c’è chi sta organizzando in parrocchia gli incontri mantenendo il distanziamento, ritrovandosi in sale spaziose e arieggiate. Ma forse qui stiamo solo adattandoci. Perché allora non riscoprire il valore vocazionale e la forma dell’accompagnamento propria della pastorale dei ragazzi e dei giovani? Si potrebbero fissare incontri solo con due o tre di loro per volta, dove anche in luoghi informali (come un bar, una libreria, una panchina), aprire la Parola e trovare spazi di confronto magari sorseggiando un caffè o una bibita. Un accompagnamento che diventa reale, perché basato su una prossimità come nell’icona di Emmaus, su di un tempo dedicato, su uno spazio di familiarità e informalità. Certo, questo prevede di uscire dalla sicurezza del cenacolo, dal riferimento del gruppo come categoria che forse troppo abbiamo osannato creando più delle riserve indiane per giovani che dei villaggi di frontiera dove mischiarsi.

Lo stesso rischio lo vedo nell’annuncio ai più piccoli. Già il fatto che i documenti mettano sempre in evidenza che la catechesi può continuare laddove continua la scuola non fa altro che meta-comunicare che le due cose sono simili come mentalità, stile, concezione, natura. E molti si stanno organizzando facendo catechesi tramite la didattica a distanza ma l’annuncio non è basato sulla didattica. L’iniziazione non è questione di mero apprendimento e di didattica. Si può usare il web e l’incontro online ma con finalità molto diverse perché la natura dell’annuncio è altra. Posso cioè evitare di fare test, giochi di conoscenza e ripasso, e dare spiegazioni magari realizzate con video che rispettano tutti i crismi dei bravi youtuber o influencer della rete. Posso invece entrare in relazioni di ascolto, di accompagnamento anche lì in gruppi molto più piccoli, senza l’ansia di programmi, ma con l’agitazione buona di chi vuole incontrare il cuore dei suoi ragazzi ed entrarvi in armonia. Di chi desidera respirare con loro, inspirare ed espirare con il ritmo giusto, quello della serenità, il ritmo di chi si sente al sicuro e amato.

Cercheremo di presentare articoli in questo blog che seguano questa direttrice, che abbiano questo tipo di respiro. Invitiamo anche chi ci legge ad inviarci del materiale, per raccontare anche lui dei segni di resurrezione di cui è stato protagonista e testimone, così da custodire il pianista temerario, la melodia, il saloon e l’avventura di cui odorano i nostri scarponi.