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Lasciarsi andare per prendere il volo

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Tempo di lettura: 4 minuti

NUOVI SCHEMI DI GIOCO TRA SPORT E PASTORALE

Esce domani in tutte le librerie il testo del nostro Roberto Mauri ‘Sport e Pastorale. Percorsi e nuovi schemi di gioco’ edizioni TAU. In questo articolo l’autore presenta gli elementi caratterizzanti del testo, invitando a ripensare questa relazione all’interno di un nuovo paradigma. Una prospettiva in grado di influenzare non solo la pastorale nel suo rapporto con lo sport, ma la pastorale nel suo complesso.

I successi sportivi di questa estate sottolineano ancora una volta l’importanza strategica dello sport nel rendere l’azione pastorale fertile e vitale, per il mondo giovanile ma non solo.

Occorre ammettere che nell’affrontare il rapporto con lo sport la pastorale ha spesso sbagliato misura: verso l’alto, eccedendo nel contrapporre una visione etica ideale dello sport e le molteplici ‘tentazioni’ e ‘corruzioni’ da cui guardarsi; verso il basso, nel sistematico tentativo di far convivere la concreta pratica sportiva con la vita dell’oratorio o parrocchiale, limitandosi a fornire indicazioni operative di buon senso, quando non strumentalizzando lo sport a fini aggregativi e di consenso.

‘Sport e pastorale’ si propone di trattare questo rapporto cercando di andare al di là delle retoriche autocelebrative, per offrire nuove possibili prospettive e ‘schemi di gioco’. La sfida è quella del lasciar(si) andare, giocato sulla leggerezza che ti solleva oltre l’ostacolo, oltre la logica del controllo e giudizio. Così facendo questa nuova pastorale sportiva può divenire segno fertile per la pastorale nel suo insieme, una ‘palestra’ di buone prassi che inneschi processi contagiosi di cambiamento nel corpo ecclesiale.

La pastorale dello sport si trova oggi nella necessità di ripensarsi e ripartire su nuove basi, superando un approccio etico-pedagogico allo sport che ha mostrato i suoi meriti pratici ma ancor più i suoi limiti teorici.

E’ tempo di rileggere profeticamente il rapporto tra sport e pastorale, operare un discernimento dell’impegno profuso, delle scelte operate, dei risultati raggiunti, con il massimo rispetto e gratitudine per quanto fatto ma senza timidezze o reverenziali timori. 

Si tratta di verificare se gli approcci pastorali adottati di tipo conservativo e ‘difensivo’ – ovvero centrati sulla salvaguardia delle realtà esistenti (associazionismo sportivo oratoriano e parrocchiale) – ed il relativo paradigma di riferimento orientato in senso ‘reattivo’ – ovvero teso a dare risposte a partire dai problemi – siano ancora validi e soprattutto adeguati alle nuove sfide da affrontare.

Il testo presenta una serie di riflessioni e indicazioni in questa prospettiva, evidenziando i principali snodi e le fasi in cui si è sviluppata la relazione pastorale con il fenomeno sport, per coglierne i passaggi più delicati e le modalità con cui sono stati affrontati.

Nella sua fase iniziale e per un lungo periodo, fin oltre lo stesso Concilio, la pastorale ha proceduto secondo un paradigma adattativo, senza sviluppare una visione ed una adeguata concettualizzazione pastorale dello sport, limitandosi a considerarne le valenze ludico-ricreative.

Per meglio comprendere tale situazione ed i suoi possibili esiti, occorre allargare la visuale, prendendo in considerazione due aspetti spesso sottovalutati: il primo riguarda l’incidenza dell’‘immaginario sportivo’ cui la pastorale attinge (più o meno consapevolmente), individuando i principali filoni narrativi in cui esso si è tradotto, ovvero la ‘nostalgia del Paradiso’ (lo sport innocente), ‘l’anticipo di Terra promessa’ (lo sport resiliente), la ‘ricerca del Graal’ (lo sport perfezionante). Il secondo contributo descrive la progressiva ‘deriva strategica’, ovvero il progressivo distacco e ritardo strutturale realizzatosi nel tempo tra pastorale e sport, mettendone in evidenza fattori, possibili cause ed effetti conseguenti.

Entrambi questi aspetti evidenziano come la pastorale viaggia ad una velocità (ideativa, formativa, organizzativa) sistematicamente più lenta rispetto al ritmo in cui lo sport va trasformandosi.

Il rischio, spesso reale, è quello di rivolgersi ad uno sport ormai inattuale: la pastorale parla in termini di ‘sport moderno’, quando lo sport è già diventato ‘post moderno’, assumendo nuove caratteristiche.

Se la pastorale dello sport vuole realmente passare dal giocare in difesa e ‘ordinare il passato’ ad un gioco proattivo ed orientato al futuro, dare voce al desiderio e non solo rispondere ai bisogni, privilegiare la ‘profezia’ sulla ‘regola’, deve raccogliere sfide che possono sembrare inimmaginabili elaborare nuovi linguaggi, aggiornare il proprio immaginario. 

La futura pastorale, verso lo sport e nel suo complesso, si trova a scegliere se continuare a ‘saltare’ nella logica dello sforzo e del ‘controllo’, oppure considerare un altro tipo di salto, quello del lasciar(si) andare, giocato sul ‘lasciarsi andare’ che ti solleva oltre l’ostacolo.

La nostra ipotesi e proposta è di cambiare ‘schema di gioco’ e forse anche qualche regola del gioco in atto tra pastorale e sport. Abbiamo bisogno di coraggio e creatività.

Si tratta, ancora una volta, di cambiare il paradigma, passare da un approccio sportivo-pastorale resiliente ad un paradigma diverso, ‘antifragile’, focalizzato sulla leggerezza, il saper ‘lasciarsi andare’, liberando una serie di possibilità mai immaginate ma sempre più urgenti.

Così facendo, affrontare le nuove sfide poste dal rapporto tra sport e pastorale diventa un buon ‘terreno di gioco’ per consentire alla Chiesa di riflettere sul suo rapporto con la realtà post moderna e più ancora con il futuro: la vicenda della pastorale dello sport e le difficoltà da essa incontrate sono un esempio della pastorale nel suo insieme di rinnovarsi ed aprirsi al cambiamento, andando ben oltre l’ennesima rielaborazione di progetti e programmi.

Si tratta di innescare un autentico processo di conversione, capace di andare oltre il cambiamento semplicemente ‘programmatico’ per attivare un cambiamento ‘paradigmatico’.

Questo cambio di paradigma richiede alla pastorale di fare un passo indietro ed uno avanti: essa potrebbe da un lato rinunciare alla pretesa di ‘certificare’ il valore dello sport ed ‘educare lo sport ad essere educativo’; dall’altro si tratta di approcciare lo sport secondo la prospettiva ed il metodo dell’Incarnazione, ovvero viverlo pienamente dal di dentro, accoglierne l’essenza, così che la persona sperimenti nell’esperienza sportiva la tensione tra la forza e la fragilità e la sappia attraversare.

In breve, diventare una pastorale ‘ad immagine e somiglianza dello sport’ per rendere lo sport ‘immagine e somiglianza di Dio’.