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Diario spirituale dalla quarantena #17

Tempo di lettura: 8 minuti

GIORNO #17, 20 agosto 2023NARRATIVA PASTORALE

Carlo prende spunto dalla sua collezione di fumetti per affrontare un altro tema delicato sul piano spirituale e pastorale: i talenti personali di ogni persona. Ci racconterà come nella sua parrocchia sono stati valorizzati e sono diventati strumento di relazione e organizzazione pastorale. Siamo a Roma, agosto 2023, e questo è il suo diciassettesimo InMee rilasciato all’interno della community dell’InJourney®.

GIORNO #17              

InMee @Carlo

20 agosto 2023, 17.43

Il separatore matrimoniale Marty® divide esattamente in due la grande libreria della sala. Dalla mia parte i testi di management, organizzazione aziendale, qualcosa di informatica e soprattutto letteratura americana. Dalla parte di Clara abbiamo romanzi vari, da autori italiani a stranieri, classici e contemporanei, insieme a qualche testo di poesie. Lavorando nell’amministrazione comunale non mancano testi su normative, regolamenti, oltre ai tanti libri omaggio sul territorio romano, Roma capitale d’Italia, la sua storia, le sue tradizioni, i suoi eroi. I libri dei bambini sono quasi tutti dalla sua parte insieme alla mia raccolta di fumetti. Come se fossero libri per bambini! Ogni tanto li sfogliano per guardarli ma sono per lo più testi d’autore, non proprio facili per la loro età. Ieri Luca se ne è uscito dal cunicolo colorato con in mano Amore e guerra, il volume speciale di Daredevill firmato dal grande duo Frank Miller e Bill Sienkiewicz. La sceneggiatura di Miller con la grafica geniale di Sienkiewicz creano un binomo esplosivo. Troppo esplosivo per il mio piccolo che l’ha semplicemente riposto dalla mia parte della libreria per poi riprendere la strada del ritorno. Non m’ha nemmeno preso in considerazione.

Mi sono alzato per riprendere in mano quel fumetto. Avrò avuto quindici o sedici anni quando l’ho acquistato, in un vecchio negozietto del centro città, nascosto tra i vicoli. Un negozio dell’usato, dove passavo ore a sfogliare tutte le serie a fumetti accuratamente raccolte ed esposte. L’odore di muffa che veniva dalle vecchie pareti in mattoni ingialliti, che si mischiava all’odore della carta e inchiostro dei volumi. Era la condanna a morte della mia paghetta settimanale.

Leggevo di tutto, dagli italiani Zagor, Dylan Dog, Martin Myster, ai primi manga giapponesi che iniziavano ad essere tradotti in Italia, ricordo la bellissima saga di Akira, fino ai supereroi americani. Supereroi con superpoteri ma anche con superproblemi. Questo era lo slogan che da subito ha accompagnato i primi eroi dei fumetti, Superman, Spider Man e compagnia bella. Avere un potere equivale ad avere una responsabilità. Quel potere è una chiamata, è la tua vocazione, la tua missione nel mondo. Puoi far finta di nulla e girare la testa dall’altra parte. Oppure prenderlo sul serio, sapendo che porterà con sé un sacco di impicci.

Nella Chiesa ho notato che abbiamo timore a pronunciare questa parola, ‘potere’, e se la usiamo è spesso in tono dispregiativo. Viene intesa come dominio sull’altro o su qualcosa, possesso, sopruso. È proprio quando si fa fatica a pronunciare o usare un termine che è lui che ti possiede, ha preso possesso inconsciamente di te e determina le tue scelte. Per ‘potere’ in realtà si intende semplicemente quella capacità che ha una persona di poter realizzare qualcosa, di dare vita a un processo, generare un effetto sulla realtà. È per questo che il potere spesso si lega al ruolo che una persona ha, anche se non vi è una corrispondenza diretta, perché quel ruolo può rendergli più facili il mettere in atto delle azioni e dei progetti e chiedere ad altri di compiere qualcosa. Potere è allora una responsabilità. Non c’è bisogno di parlare di superpoteri, dunque. Del resto ognuno di noi ha ricevuto un segno particolare del potere di Dio. Li chiamiamo talenti. Possiamo far finta di non averli, nasconderli sotto terra, oppure accoglierli e utilizzarli per un bene che va oltre di noi. Non dipendono dal ruolo, dall’incarico, dall’ambito di servizio che svolgiamo, ma semplicemente dall’essere stati pensati e amati dal Creatore.

Una delle serie a fumetti che seguivo da ragazzo erano i Fantastici Quattro: Reed Richard alias Mister Fantastic, sua moglie Susan Storm alias la Donna Invisibile, Johnny Storm alias la Torcia Umana oltre che fratello di Susan e Ben Grimm alias la Cosa, il migliore amico di Reed. Una famiglia di supereroi con superproblemi. Mister Fantastic era  l’uomo di gomma, allungabile e snodabile a volontà, Susan diveniva invisibile, Johnny prendeva fuoco e poteva volare e lanciare petardi infuocati, mentre la Cosa possedeva una forza sovraumana. Avevano una sfilza di nemici notevoli, in primis Dottor Destino con il suo mantello verde e l’armatura in titanio, il terzo di sempre nella classifica dei cattivi dei fumetti, solo dopo Magneto e Joker. Mi sono chiesto, non potevano farsi i fatti loro? Avrebbero potuto sfruttare al massimo i loro poteri per fare la bella vita. Mister Fantastic sarebbe stato un magazziniere eccezionale, sarebbe stato in Amazon magazziniere dell’anno a vita! La Donna Invisibile avrebbe potuto fare una fortuna come investigatrice privata per scovare i mariti infedeli in giro per New York, per non parlare della possibilità di scroccare tutti gli spettacoli e intrufolarsi indisturbata a tutti gli eventi in città. La Torcia Umana avrebbe potuto aprire un BBQ American Grill ad impatto zero, rosolando cotolette e hamburger in modo sopraffino. La Cosa avrebbe avuto ampia scelta di possibilità, ma lo vedevo bene come campione del mondo di Wrestling! Ero giovane quando mi perdevo in queste fantasie. Oggi potrei pensare più in grande, ma sono ancora convinto che avrebbero potuto infischiarsi di tutto e di tutti e godersi i loro doni in pace. Eppure non l’hanno fatto e hanno rischiato la vita per salvare ripetutamente il mondo. L’altro aspetto che amavo dei Fantastici Quattro era il gioco di squadra. Il singolo superpotere non sarebbe stato in grado di superare molte delle imprese che si trovarono ad affrontare.

Voi conoscete i vostri superpoteri? I vostri talenti, intendo. Ho assistito a catechesi dove i talenti erano confusi con le abilità della persona o le competenze acquisite. Tipo, essere bravo in uno sport, saper usare uno strumento musicale, o essere bravi nel realizzare altre performance, come parlare in pubblico o essere un mago del computer. Allora mi sono messo a fare una ricerca in internet ma, sorpresa, non sono riuscito a trovare un testo di area pastorale o teologica o spirituale su questo tema. Restai deluso. Se i talenti sono un elemento distintivo della mia persona, ricevuti dalla grazia divina per metterli a disposizione degli altri dentro la dinamica dell’amore, perché nessuno me ne parla? E se è un dono che Dio mi ha consegnato, perché non mi viene riconosciuto e non mi viene chiesto di usarlo per il bene di tutti? Non per salvare il mondo ma almeno per dare una mano in comunità.

Perché i supereroi non hanno approfittato dei loro talenti e si sono imbarcati in avventure pericolose e problematiche all’ennesima potenza, rischiando continuamente la vita? Superman, ti rendi conto che avresti potuto avere ben più della tua Lois Lane e del tuo posto di lavoro come giornalista presso il Daily Planet della città di Metropolis? Come lui stesso dirà in una delle sue storie: “I sogni ci salvano. I sogni ci elevano e ci trasformano. E sulla mia anima, giuro, che finché il mio sogno di un mondo dove dignità, onore e giustizia diventino la realtà che noi condividiamo, non smetterò mai di combattere. Mai”. È un sogno che lo spinge a fare tutto questo. I suoi due inventori erano ebrei, e come nome kryptoniano gli diedero quello di Kal-El, che in lingua ebraica significa ‘Voce’ o ‘vascello di Dio’. Anche tu Superman avevi un sigillo divino che custodivi dentro di te. E operavi per compiere un sogno, un destino per l’umanità che era ben più grande di te. Potevi fregartene ma forse sarebbe stato vivere una vita che non era la tua. Saresti arrivato a cinquant’anni con il pancione e la tutina oramai troppo stretta con la S che si sarebbe scambiata di più per il logo dell’Esselunga. Abbandonato sul divano, ‘biretta’, mentre ti guardi una serie-tv su Netflix di qualche supereroe ‘figo’ con superproblemi ‘fighi’. Questa è la kryptonite che usano anche su di noi per annullare tutti i nostri poteri e farci stare quieti, obbedienti, ognuno al suo posto. 

Siamo stati cresciuti nel sottolineare il negativo più che il positivo che abbiamo dentro. Ricordo che da bambino quando tornavo da scuola dopo un compito, le prime cose che dicevo erano: ‘Guarda, papà! Ho fatto solo due errori!’. Non dicevo che avevo 28 risposte giuste, perché non è questo che conta. Ci si aspetta che facciamo quanti meno errori possibile. È per questo che veniamo giudicati. Non sorprende che siamo in grado di dire immediatamente che cosa non va in noi e negli altri. Siamo stati addestrati a farlo. Anche questa è kryptonite allo stato puro! È come se fossimo stati cresciuti attraverso un modello educativo basato sulla ‘prevenzione delle debolezze’ più che sull’individuazione degli elementi di forza e di bellezza presenti in noi, per rafforzarli, farli maturare e metterli al servizio del bene comune. È come se gli ‘esperti dei punti deboli’ ci avessero chiesto continuamente di sviluppare le nostre aree di non-talento!

Non siamo il frutto di un esperimento sbagliato, non siamo stati morsi da un ragno radioattivo! Siamo creature dotate di un potere che viene da Dio e che implica una chiamata, una missione che non possiamo delegare ad altri. Invece che lavorare per difetto o sul difetto, perché non si parte dal riflettere ed allenare ciò che ci è stato donato, far emergere e maturare quell’elemento di bellezza che nella logica dell’amore cresce nel donarsi per far sperimentare la gioia? Troppo spesso nella pastorale si progetta a partire da ciò che manca, più che da ciò che di bello c’è e che Dio ha posto in essere nel mondo come seme da riconoscere e far maturare. C’è bellezza intorno e dentro di noi! La nostra attenzione dovrebbe essere posta verso di lei ed educarci a riconoscerla e alimentarla. Perché la bellezza convoca, attrae, la bellezza è un’annunciazione!

Allora mi sono messo a studiare i talenti. I talenti sono dei modelli naturali e ricorrenti connessi al modo di pensare, di sentire e di comportarsi di una persona, che rendono più facile, efficace e produttivo l’agire della stessa. Naturali, in quanto propri del soggetto, innati e non derivanti dal percorso d’istruzione o di socializzazione. Sono i tuoi talenti, dalla nascita. Ricorrenti in quanto essendo una parte di te sono le modalità a cui accedi più direttamente e con il minor numero di risorse emotive e simboliche. In questo sono ben distinti dalle abilità, dalle conoscenze e competenze che hai acquisito durante la crescita e la tua formazione. I talenti non sono acquisiti, sono predisposizioni innate che attiviamo istintivamente e che naturalmente producono in noi soddisfazione. Dal loro impiego ne traiamo energia positiva. Determinano così anche le nostre reazioni spontanee.

Pensiamo ad uno dei ‘supereroi’ della Chiesa, San Paolo. Prima della sua conversione era una persona tenace, zelante, con un pensiero forte in testa da perseguire nella sua lotta ai primi cristiani. Dopo la conversione non ha cambiato i suoi talenti, li ha solo impiegati per cercare e convertire i non-cristiani con lo scopo di far crescere la Chiesa. Non sono cambiati i suoi talenti ma i suoi valori di riferimento, il suo credo. Attraverso i suoi talenti è passato da un temuto nemico della Chiesa ad un supereroe della fede.

Ora, in parrocchia, conosco i talenti di tutti coloro con cui mi ritrovo a condividere qualcosa. Abbiamo usato uno specifico test, ed è stato bello raccontaci a partire dal bello che era in noi e non dalle nostre mancanze. Dalla potenza creativa di Dio presente in ognuno di noi. Io ho scoperto di avere quasi tutti talenti di area intellettiva, utili per programmare, progettare, collegare concetti e avere una visione d’insieme. Mi manca la parte relazionale e sono uno scasso nel cercare di mettere in pratica le mie idee. Clara invece è molto più relazionale di me, ed è vero, sa sempre mettere a proprio agio le persone che si confidano sempre molto con lei. Adesso nel sito parrocchiale, ognuno di noi, oltre che un nome e una foto, è anche una piccola lista di talenti. Ognuno si presenta attraverso i suoi superpoteri, utili se messi insieme per perseguire il sogno di parrocchia che abbiamo condiviso. Siamo vascelli di Dio nel mondo!

Scoprire i propri talenti è stato per me anche comprendere cosa mi manca e il profondo bisogno degli altri per completarmi, il bisogno di una comunità, di una famiglia. Mi ha aiutato anche a comprendere come spesso giudicavo le altre persone perché mi aspettavo che agissero a partire dai miei stessi talenti, per cui avessero le stesse attenzioni e predisposizioni. Lo stesso mi rendo conto l’ho fatto verso Clara, urtandomi quando lei metteva in primo piano alcune cure relazionali, la lunghezza delle sue telefonate, il puntualizzare su alcune ricorrenze. Non basta, però, conoscerle queste cose, infatti io ci ricasco continuamente. Mi urto, mi inombro, divento ruvido e in attimo come una spallata della Cosa mando in mille pezzi quanto di buono avevo fatto prima. I talenti non ti tolgono i superproblemi.

Mi alzo e mi avvicino alla libreria. C’è un altro fumetto che è rimasto dalla mia parte. Forse questa volta per la mole. Si tratta di un tomo di 1040 pagine, da leggere da sinistra verso destra, è un manga. Lo prendo in mano, Planets, di Makoto Yukimura. Sfoglio le prime pagine, che in realtà sono le ultime. Uno dei protagonisti ha finalmente realizzato il suo sogno, essere nella prima spedizione di astronauti su Marte e c’è appena arrivato. Il suo obiettivo era viaggiare nello spazio, essere pienamente libero, e per raggiungerlo era disposto a lasciare tutto il resto… ma si accorse che non riusciva proprio a smettere di amare qualcuno. Puoi allontanarti dalla Terra quanto vuoi, puoi avere tutti i superpoteri che vuoi, ma che te ne fai? C’è una forza enorme dentro ognuno di noi, che non ci permette di smettere d’amare. Ed è proprio per amore che ci si caccia nei superproblemi.