Scroll Top

Diario spirituale dalla quarantena #16

Tempo di lettura: 10 minuti

GIORNO #16, 19 agosto 2023NARRATIVA PASTORALE

Carlo è invitato ad affrontare il tema della catechesi di iniziazione nella sua parrocchia. Come era impostato gli anni prima della quarantena e come è cambiato dopo. Lo fa in modo originale, ricorrendo al tema dei videogames. Siamo a Roma, agosto 2023, e questo è il suo sedicesimo InMee rilasciato all’interno della community dell’InJourney®.

GIORNO #16              

InMee @Ludovica

19 agosto 2023, 14.08

Ciao @Carlo. Interessante il racconto che fai della tua parrocchia. Di come questa esperienza prolungata di quarantena vi abbia costretti a cambiare. Io ho sempre svolto il servizio di catechista. Ero molto attiva, come immagino lo sia stata tua moglie Clara. Quando tutto si è fermato, ho notato come l’attenzione sia stata anzitutto rivolta alla liturgia, alla carità, ma ben poco alla catechesi. Forse si è visto fino in fondo quanta importanza reale veniva data a questo aspetto. Ci si è limitati a concentrarci su degli incontri online per la preparazione dei sacramenti che andavano ripresi, non potevamo fermarli per anni! Battesimi, comunioni e cresime celebrate a distanza. Queste ultime in un unico rito, tanto oramai tutto era saltato e si poteva giustificare alla luce del rito degli adulti. Io ho continuato a dare il mio apporto ma qualcosa dentro mi bruciava. È come se ci impegnassimo tutti a tenere in piedi, a tenere stretto con i denti, qualcosa che oramai non ha più un supporto reale. Come se tutte le nostre forze fossero impiegate per sorreggere una struttura decrepita e non più adeguata. E non riuscissimo a vedere oltre. Leggendo i tuoi InMee questo disagio ha trovato un suo piccolo sfogo. Ho visto come le cose possano cambiare realmente. Non è sufficiente accontentarsi di attraversare un deserto, ma occorre desiderare di farlo fiorire di nuovo. Se puoi, raccontami meglio come avete ripensato la catechesi. Grazie. Un abbraccio.

InMee @Carlo

19 agosto 2023, 18.27

Il tema della catechesi è stato quello che ci ha messo in assoluto più in discussione. Forse perché in parrocchia era un dato per scontato, quel ‘si è sempre fatto così’ che rendeva, più di tanti altri ambiti, difficile un cambiamento. E se si cambiava, era per mantenere tutto come prima, per riaffermare cioè un modello interiore che si aveva in testa, aggiustando qualcosa, adeguandosi ai tempi. Ricordo come per cercare di coinvolgere maggiormente le famiglie si era iniziato a fare incontri per loro in parallelo a quelli dei figli. Se c’è una cosa che un genitore odia è essere invitato ad un incontro dove qualcuno gli dia una qualche spiegazione! Pensavamo di fare meglio, mettere una toppa, e peggioravamo. C’era poi chi comprava sussidi di tutti i tipi, li confrontava, li scambiava come da bambini con le figurine, ma sempre sussidi erano. Il mercato dei prodotti per catechisti del resto è uno dei più profittevoli per le case editrici. Orde fameliche di catechiste alla ricerca di una soluzione, anzi, della soluzione decisiva per i propri ragazzi! Se vuoi vendere libri, scrivi un sussidio di attività pronte all’uso per la catechesi dei bambini e di sicuro non ci perdi! Come in Italia aprire una pizzeria al taglio! Credo che siano tra le attività commerciali che più difficilmente falliscano.

Non parliamo poi dei siti internet, come Qmran: un vero eden, un giardino fiorito dove immergersi e vagare per miglia e miglia alla ricerca dell’attività o della preghiera o del segno o del rito o del gioco o dell’immagine o del commento più di moda! Tutto per non cambiare nulla. Sono le famiglie da coinvolgere! Sono i genitori i primi catechisti dei loro figli! È la comunità che annuncia! E se quest’anno non facciamo nulla? E se prendiamo le presenze? Ma almeno il ‘Padre Nostro’ e l’Ave Maria a memoria lo sanno? Ma tu della parusia quando ne parli? Parusia chi? Comunque quel giochino funziona! Ma le fotocopie si possono ancora fare in parrocchia? Benvenuti nel fantastico mondo della catechesi d’iniziazione.

Ricordo anche le discussioni che giravano in quei tempi. Spostiamo il sacramento della Cresima più avanti così ci teniamo di più i ragazzi. No, al contrario, anticipiamolo, così li abbiamo ancora. Uniamo i sacramenti, spostiamo la Confermazione prima della Comunione come in origine. Sì, meglio finire con qualcosa che si ripete come il sacramento dell’Eucarestia che con la Confermazione che non ha nulla di visibile e concreto.

È come rivedere un film di fantascienza che ti appassionava da ragazzino. Gli effetti speciali, le trovate video, i primi rudimentali lavori di computer grafica, al tempo erano per te delle ‘figate’ pazzesche e passavi ore a discuterne con i compagni. Ora nel rivederle riescono a strapparti a malapena un sorriso di tenerezza.

Quei discorsi mi fanno lo stesso effetto. Anche perché, se fai attenzione, hanno tutti uno stesso modello alle spalle: trattenere, restare, portare a termine, completare. Il loro effetto, c’è da dire, lo producevano eccome: appena finiva il cammino tutti o quasi si dileguavano. Del resto il compito era concluso, quello che dovevano fare lo avevo fatto. Avevano raggiunto tutti i livelli a disposizione, acquisito tutti i superpoteri! A proposito di pizzerie e di livelli e poteri! Sapete come è nata l’idea di uno dei videogames più famosi della storia? Mi sto riferendo a Pac-Man! Pensate a questo personaggio circolare giallo e pensate poi ad una pizza al piatto! Magari ad una pizza a cui è stato tolto un trancio, uno spicchio… ta-dà! Pac-Man, proprio lui!  Siamo a Tokyo, e un giovane designer di videogames, Tohru Iwatani, una sera da solo decide di uscire a mangiare qualcosa. Era stanco dei giochi che al tempo andavano di moda, in particolare degli sparatutto sul genere del mitico Space Invaders. Voleva realizzare un gioco più semplice, scherzoso, con un appeal anche sul versante femminile e giocabile anche in coppia. Entrò in una pizzeria, dalle casse strideva il brano Funky Town dei Lipps Inc, siamo nel 1980 miei cari, e ordinò una pizza al piatto. Ne tagliò una fetta e, con la forchetta ancora a mezz’aria, ebbe l’illuminazione. Davanti a sé aveva quello che sarebbe divenuto poi Pac-Man.

Il richiamo ai videogames non è casuale. Ha a che fare con la nostra discussione sulla catechesi. Solo che i videogames appassionano, sono divertenti, attraggono. La catechesi nulla di tutto questo. Allora mi sono messo a studiarli a fondo. A dire il vero lo studio è nato per motivi di lavoro. Anche nelle aziende il tema della gamification è in voga, per motivare i propri dipendenti a fare delle scelte, della formazione, ad acquisire alcuni elementi di cultura organizzativa. Cosa ha un gioco? Intanto ha un obiettivo, come una principessa da salvare, o un Boss da sconfiggere, o la vittoria in una competizione. Quando inizio il gioco di solito sono debole, disarmato, con poche risorse. Come molti protagonisti nelle fiabe, pensate a Pollicino! Poi, mano a mano che avanzo, divento più forte, acquisisco abilità, aumento di livello, accresco il mio equipaggiamento. Con me cresce e si complica anche l’ambiente di gioco. I mostri di primo livello, quando sei al cinquantesimo li stendi con uno starnuto, anche se all’inizio ti facevano dannare. Per cui le sfide sono commisurate alla tua crescita. Più avanzi nel gioco e più scopri mondi, luoghi, personaggi. Al termine di una partita ti sembra di avere un pugno di amici in più che domani puoi tranquillamente invitare a casa e presentare ai tuoi. Hai dei riconoscimenti, dei premi, ogni volta che realizzi qualcosa di ben fatto. E la fine del gioco? Io non sono mai arrivato alla fine di un videogame, almeno di quelli di cui vi sto parlando, quelli della mia epoca. Pac-Man aveva 256 livelli, ma solo per un errore di programmazione che impediva di proseguire.   

La catechesi era caratterizzata da incontri che avevano bene o male tutti lo stesso schema: preghiera iniziale, canto, lettura di un brano, piccolo commento, attività per indolcire la pillola, discussione, preghiera finale. Era come ripetere il livello 1 per l’eternità. Se c’è un inferno me lo immagino così. Il primo livello di Pac-Man, o Donkey Kong, o Bubble Bubble all’infinito. Stessi avversari, movimenti, oggetti, sfondo, per l’eternità. Se crescevi qualcosa cambiava. Cambiava il sussidio che da rosso diventava verde, poi blu… Cambiava qualche attività, e se proprio si voleva esagerare anche l’orario dell’incontro, dal pomeriggio al dopo cena. L’attenzione era sul livello di comprensione dei messaggi: è tutto chiaro? Ci sono domande? Avete capito come Dio vi ama? Avete compreso che Dio vi perdona? C’erano dei momenti extra, dei ritiri pre-partita prima di un evento speciale come la Prima Comunione o la Cresima. Poi ti guardavi intorno e ti chiedevi cosa era di fondo cambiato. Dove stavano i super poteri? Perché la gente mi continuava a guardare o ignorare come prima? Nessun alone lucente intorno al mio corpo? Dopo quasi otto anni di catechesi avevi visto le stesse venti persone e conosciute non più di dieci. Le sale del catechismo richiederebbero più che una descrizione un necrologio. Eppure c’era pressione su di te, anche ansia a volte. C’erano degli obiettivi, ma tutto si dissolveva in un attimo e senza ricadute sulla tua vita.

C’è voluto il blocco della quarantena per costringerci a fare delle scelte che forse non avremmo mai avuto il coraggio di fare. Ma è stata una riflessione lunga! Siamo partiti dall’inizio, come penso si dovrebbe fare normalmente. Che vuol dire ‘iniziare’, ‘iniziazione’?  Provo a ripetere quello che ci siamo detti ma non sono così competente, mi perdonerete se troverete alcune imprecisioni. Iniziare è introdurre gradualmente ad un mistero, che è il mistero di Dio, che non è mai possibile comprendere appieno, ma si può poco a poco penetrare e sperimentare. Allo stesso tempo è introdurre gradualmente alla vita, che è grazia e dono di Dio, e che più cresci più ti pone prove nuove e sfidanti. Infine è introdurre gradualmente, livello dopo livello, ad una comunità, con la quale sperimentare la vita e il legame con Dio, per essere unità, per trasformare insieme questo mondo proseguendo l’agire creativo di Dio che mai si è arrestato. Non sembrano più i videogames ad avvicinarsi a questa descrizione che quanto detto sulla catechesi oggi?

Iniziare è quindi portare dentro. Ci siamo resi conto che negli ultimi anni eravamo più inclini a portare fuori. Non solo a isolare i ragazzi dalla comunità tutta, o a farli disinnamorare di essa e… ciaone. Eravamo più dediti ad educare e il termine esprime proprio questo movimento: tirare fuori. Forse stavamo più educando che iniziando, anche se lo facevamo con la massima passione, impegno, buona volontà. È vero che vale il principio: educare evangelizzando ed evangelizzare educando, ma l’aspetto dell’iniziazione lo avevamo lasciato un po’ indietro.

L’antropologia ci insegna che un processo di iniziazione produce una trasformazione nel soggetto, sia sul piano fisico, che sociale che simbolico. Di solito avviene attraverso tre momenti: una separazione, una morte simbolica del soggetto; una fase di liminalità, di precarietà, un limbo dove la persona è chiamata a stare prima della terza e ultima fase; una reintegrazione del soggetto all’interno di una realtà sociale, di un gruppo o comunità. Sono passaggi rituali, che passano dalla morte verso una rinascita. È la dinamica pasquale, quella del battesimo che riceviamo molto prima di intraprendere il cammino di iniziazione. Poi vallo a riscoprire studiando su un libro! Dopo questo passaggio anche la tua vita cambia, il modo di relazionarti con gli altri, il livello di responsabilità che ti sono affidate, il riconoscimento che ti viene dato, il luogo in cui sedersi o gli spazi a cui poter accedere. Nelle popolazioni antiche il tutto avveniva con dei riti a volte crudeli, sanguinosi, dolorosi. Ma almeno erano dei riti. Cosa c’è di più crudele di non avere un rito? Di non avere da parte della società un riconoscimento legato alla tua crescita, al tuo essere nel mondo? Motivo per cui molti ragazzi se lo cercano ma a modo loro, spesso pericoloso: prima della quarantena poteva essere lanciarsi davanti ad un treno in corsa, frenare all’ultimo istante con lo scooter di fronte ad un muretto o saltare da un terrazzo giù dritto nella piscina; oggi, in casa, sono prove di resistenza, come non dormire per due giorni di seguito, bere un mix di superalcolici vietati, o di astuzia, come hackerare il sito della scuola. Capite che l’iniziazione non può essere ridotta ad un’esperienza di apprendimento, ad una dottrina ma nemmeno ad un iter sacramentale. Un bambino andava agli incontri, riceveva delle nozioni, faceva delle esperienze ma senza nessuna connessione con la propria vita, con la comunità che gli riconosceva alcuni passaggi, con una scarsa relazione sensibile con il Padre.

Pac-Man mangiava dei biscotti – i pallini luminosi erano nelle intenzioni dell’ideatore dei biscottini – così da completare un livello, ma i fantasmini sono attirati da lui. Se la gialla bocca affamata riusciva a raggiungere un frutto, allora i ruoli si invertivano ed era lui a far paura ai fantasmi! Bene e male in una lotta perpetua e simbiotica. Game over. Insert Coins. Morte e resurrezione. Poi si riprendeva più decisi e con una nuova strategia in tasca. ‘Non mi avrete luridi fantasmini colorati’.

Il cammino di iniziazione oggi in parrocchia funziona in questo modo. Si forma un gruppo di bambini di scuola elementare. Un piccolo gruppo, massimo dieci, ma non tutti della stessa classe. Del resto si prendono su quelli che stanno qui nel condominio e in quelli comunicanti. Con loro si realizza un percorso di due anni fatto di cinque esperienze della durata di 2-3 giorni lungo l’anno. Una delle famiglie mette a disposizione il suo appartamento per quel week-end e ci si organizza. Si fa un po’ di tutto, come pregare insieme, giocare, discutere e vengono invitate diverse persone a raccontarsi o testimoniare, in base al tema che abbiamo scelto. Ogni sessione di 2-3 giorni ha un tema che si apre e si chiude. Un po’ come una serie tv. La serie è la stessa ma ogni stagione ha un focus che viene sviluppato. Poi ci si ferma anche uno o due anni e i ragazzi entreranno a far parte di un altro gruppo quando saranno cresciuti e la vita chiederà loro altre attenzioni e così la comunità. Quello che voglio dire è che il cammino di fede si lega agli snodi della loro vita, li celebra anche attraverso dei sacramenti, e ad ogni livello cambia tutto! Anche la loro partecipazione nella comunità assumendosi responsabilità in base ai nuovi superpoteri acquisiti. Piccole comunità che viaggiano, ogni tanto si incrociano, e con un forte contatto con la parrocchia nel suo insieme. Anche io sono in un piccolo gruppo! Anche Clara ovviamente. È il momento della settimana in cui ci troviamo ancora seduti accanto. Domani sera saremo dai coniugi Marconi, piano 2, scala B. Ma questo ve l’ho già scritto ieri. È la nostra pallina di argilla, dove si prega, si condivide la Parola e si svolge un servizio insieme. Questo corrisponde ad uno dei livelli più alti, e i miei pulcini ne hanno di biscotti da mangiare prima di arrivarci. Come sfide, mostri, ostacoli, boss di fine livello da superare, ma non da soli.

Sono appena tornato dal lato di appartamento di Clara. Ci tenevo che lei leggesse questo InMee prima di rilasciarlo in rete. Del resto è lei la catechista di casa! A parte alcune integrazioni che ho aggiunto soprattutto sul tema dell’iniziazione, avrebbe tagliato la parte di Pac-Man ma alla fine sono riuscito a salvarla. Ha compreso il mio legame affettivo con quel videogame. Mi ha raccontato di come anche lei giocasse spesso ad alcuni giochi, in particolare Tetris, Arkanoid, ma soprattutto Prince of Persia. Era attratta dalla naturalezza dei movimenti del protagonista, il forte realismo raggiunto allora, saltando burroni, aggrappandosi a cornicioni, evitando lame affilate. Inoltre qui non si sparava come in tutti gli altri giochi, ma si combatteva di spada. Tutto ambientato dentro un intricato palazzo medioevale in Persia. L’eroe parte dalle prigioni fino a risalire piano per piano il palazzo e salvare la principessa. È stato bello ascoltarla parlare di qualcosa di cui non conoscevo. Quante cose, quanti livelli sconosciuti non ho mai visitato di lei. Sembra che anche io mi sia limitato a ripetere i primi livelli. Stasera ne ho appena raggiunto uno nuovo. Almeno lo spero. Gli occhi di Clara mi hanno salutato con una punta di desiderio. Sono rientrato dalla mia parte con la stessa espressione di Super Mario Bross quando, come un pompiere, scivola giù dall’asta della bandiera a fine livello, sorridendo sotto i baffi. Sentivo nelle orecchie il suono del conteggio delle monete vinte e l’esplosione dei fuochi d’artificio con i punti bonus perché ero riuscito a fermare il timer con ‘7’ come ultima cifra. Forse non tutti capiranno quanto scrivo, ma una principessa mi è stata rubata, e non intendo perderla. Bowser, sei avvisato!